Corriere 25.6.16
L’ansia che fa bene
di Maria Teresa Veneziani
Tempo
di permanenza 25 secondi, poi abbandoniamo quello che stiamo leggendo
sul web e passiamo ad altro; 5 i secondi per un video. L’ansia continua a
mordere e travolge anche i sistemi di comunicazione oltre a
condizionare le nostre vite. L’ansia è l’emozione che influenza
l’esistenza, più dell’amore, come ricorda Joseph LeDoux, famoso
neuroscienziato americano, nel suo nuovo saggio Ansia : come il cervello
ci aiuta a capirla (Raffaello Cortina ed.). L’ansia è il problema
psicologico più diffuso: ne soffre una persona su cinque, ci ricorda il
libro, ma non è soltanto un valore negativo. È una condizione
fisiologica normale: attiva le nostre risorse per poter affrontare le
situazioni difficili nel migliore dei modi. Tutti siamo esposti nell’
«età dell’ansia », come già la definì nel 1948 il poeta Wystan Auden.
«Le
ultime ricerche hanno rivalutato l’ansia mettendone in evidenza anche
gli aspetti positivi — interviene il professor Claudio Mencacci,
direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli—Sacco di
Milano. Non va associata soltanto a quella preoccupazione che ci
disturba quando dobbiamo affrontare qualcosa di impegnativo o che ci
agita quando temiamo possa accadere qualcosa di negativo».
Un
giusto livello di stress può aiutarci a lavorare meglio e a pensare più
velocemente e in modo più efficace, così come migliorare le prestazioni,
soprattutto durante gli esami: sono anche le conclusioni del quotidiano
inglese Guardian che ha condotto un’inchiesta sullo stato crescente di
ansia tra le adolescenti dovuto all’esposizione del loro corpo sui
social network e al confronto vissuto dalla solitudine della cameretta.
«Si tratta di quel valore adattivo che accende e attiva le performance
fisiologiche e soprattutto cognitive. Ma il livello di intensità e il
perdurare dell’angoscia – come accade con la febbre – deve rimanere
entro livelli di normalità», avverte Mencacci.
«L’ansia fa parte
della vita: c’è sempre qualcosa di cui preoccuparsi, avere timore,
agitarsi o stressarsi. È normale. Ma non siamo tutti ansiosi nella
stessa misura — rassicura LeDoux, direttore del Center for the
Neuroscience of Fear and Anxiety della New York University —. Alcune
persone sono ipersensibili e si preoccupano di tutto, altre sono fredde
come il ghiaccio e sembrano prendere tutto con distacco. Mia madre era
ansiosa. Non in modo esagerato, ma capitava che fosse preoccupata e
inquieta. A volte si lamentava di aver passato la notte insonne, e ne
aveva motivo. Mio padre era più sereno; era il tipo d’uomo che sapeva
mettersi alle spalle le giornate e addormentarsi subito dopo aver posato
la testa sul cuscino. Se lei non si fosse preoccupata, la loro
attività, un negozio a conduzione familiare, non avrebbe certo
prosperato. Era lei che faceva funzionare tutto. Sia al lavoro sia a
casa. E per quanto fosse amorevole e gentile, a volte la pressione si
faceva sentire. Il mio temperamento è intermedio tra loro, e quando
sento che lo stress della vita quotidiana mi spinge verso uno stato di
ansia e preoccupazione, cerco di sfruttare quel po’ di carattere di mio
che padre che ho per bilanciare le cose. Ma è una misura temporanea e
tendo a tornare abbastanza rapidamente me stesso, con il mio livello di
ansia». Ecco il segreto: cercare di capire i meccanismi e le radici
profonde dell’emozione negativa, per addomesticarla, invece di volerla
contrastare. La società della performance non aiuta, fin
dall’adolescenza alimenta quel senso di inadeguatezza che condiziona
anche la sfera più intima. Non si è mai fatto così poco sesso nell’età
più erotizzata. «Come si suole dire, la passione vuole pochi pensieri.
Altrimenti tutto diventa ostacolo e costante allarme», osserva Mencacci
che ha presentato alla Camera dei Deputati i dati raccolti nel Libro
bianco sulla depressione . In Europa soffre d’ansia il 14% della
popolazione, oltre 61 milioni di persone. E sono donne le più colpite:
«Il rapporto è di uno a due». Il motivo? «Le donne comprendono le cose
del mondo e per questo piangono», scherza ma non troppo lo psichiatra.
«Esiste una base biologica ormonale alla quale si aggiunge la
prestazione: l’aumento delle ore per conciliare casa e lavoro e la
performance multitasking, il dover passare da una funzione all’altra».
Depressione, insonnia, ansia si contagiano a vicenda.
«L’ansia
genera paura quando richiama alla memoria esperienze negative o di
fallimento che impediscono di leggere la positività che c’è in ogni
occasione». E infatti l’ansioso-pauroso funziona meglio nello stato
d’emergenza. «Nella disperazione è costretto a fare la scelta, si libera
da un tormento che altrimenti genera tutti quei dubbi che normalmente
lo paralizzano». L’ansia è un valore positivo fino a quando non diventa
un ostacolo di costante allarme. Bisogna imparare a controllarla. Come?
«La strada del farmaco non si è dimostrata efficace. Tampona il
risultato, ma non risolve» scrive LeDoux. Meglio puntare a equilibrare
emozione e ragione, lavorando sui ricordi che ci provocano angoscia, con
l’aiuto di un terapista; ma anche yoga e meditazione sono efficaci.
«Respirare in modo lento e misurato riduce l’influenza del sistema
nervoso simpatico — dà l’accelerazione — e parasimpatico — che frena un
po’ — coinvolti negli stati d’ansia e della paura. La meditazione tiene
occupata la memoria a breve termine, impedendo l’accesso ai ricordi
ansiogeni. Quindi uno stile di vita sano, un sonno riposante ed evitare
uso eccessivi di stimolanti». E poi tenere a mente la massima di Michel
de Montaigne «Un uomo che teme di soffrire soffre già per ciò che teme».