mercoledì 22 giugno 2016

Corriere 22.6.16
La linea dei Cinque Stelle: carte subito in Procura per combattere la corruzione
di Alessandro Capponi

ROMA «Onestà», parola tanto usata dal Movimento cinque stelle, potrebbe essere messa in pratica, a Roma, usandone un’altra subito dopo: procura. Una delle prime mosse di Virginia Raggi in Campidoglio potrebbe nascere dalla consapevolezza che il quadro tratteggiato dal gip Flavia Costantini in merito all’inchiesta sui campi rom — «la corruzione nel Comune è radicata e diffusa» — rappresenta un «nemico» che in solitudine è difficile sconfiggere: per questo, nelle riunioni più o meno segrete che si susseguono tra «direttorio» e sindaco, la scelta sarebbe già stata fatta. Ed è riassumibile in poche parole: entrare in Campidoglio, vedere le carte e portare subito al capo della procura Giuseppe Pignatone tutti i «dossier» valutati come «scottanti».
Il ragionamento che circola nell’ entourage di Virginia Raggi, del resto, è difficilmente contestabile: «Noi dobbiamo far funzionare la città, eliminare gli sprechi ed estirpare la corruzione dal Comune. Per le prime due missioni possiamo riuscire da soli, per la terza probabilmente no...». E allora, prima ancora di entrare in Campidoglio per la proclamazione ufficiale, Virginia Raggi e i suoi avrebbero già deciso «la linea»: non si può rischiare di mandare all’aria l’occasione «storica» di guidare la capitale del Paese per le sacche di illegalità che «da decenni banchettano sia in Comune sia nelle municipalizzate». Quindi l’unica strada è quella che dal Campidoglio porta a piazzale Clodio, all’ufficio di Pignatone. Del resto la stessa Raggi ieri mattina non ha esitato, una volta appreso degli arresti per i campi rom, a scrivere così su Twitter: «Un’altra inchiesta sui campi rom, tra arresti e tangenti. Il mio grazie alla Procura e alle forze dell’ordine».
L’hashtag usato è sì uno slogan da campagna elettorale, «#voltiamopagina», ma forse non solo: perché nel Movimento sarebbe maturata la consapevolezza che l’unico modo per segnare una discontinuità con il passato, vista la «corruzione diffusa e radicata», sia rivolgersi alla procura ogni volta che c’è un sospetto, ogni volta che un dossier è classificato dalla nuova giunta come «scottante».
Non per caso, forse, ieri Alessandro Di Battista ha parlato di «soggetti che hanno infestato le amministrazioni per arricchirsi alle nostre spalle. Ebbene il banchetto è finito. Ripeto, il banchetto è finito». L’inchiesta, dice, svela un mondo che «fa schifo». E «come sempre chiedo a tutti i cittadini di sostenerci perché sarà durissima ma, insieme, ce la possiamo fare». Forse, però, serviranno anche i magistrati.