Corriere 20.6.16
Virginia, ascesa e incognite In tanti le chiederanno di mantenere le promesse
di Sergio Rizzo
roma
Una donna di 37 anni sindaco di Roma. Bel colpo. Anche se per Virginia
Raggi sarebbe stato davvero più difficile perderle che vincerle, queste
elezioni. Divisa la destra, più interessata alla successione a Silvio
Berlusconi che alla battaglia per il Campidoglio, al punto da dissipare
un patrimonio di consensi che avrebbe potuto significare quantomeno il
ballottaggio. Spappolata la sinistra, reduce dalla stagione controversa
di Ignazio Marino. Il Partito democratico, con pesantissime
responsabilità nello sfascio della città, commissariato e lacerato dalle
spaccature interne, a leccarsi le ferite di Mafia Capitale. Mentre il
fuoco amico di Stefano Fassina & co. era sempre in agguato. Un
disastro che ha costretto Roberto Giachetti a fare tutta la corsa in
salita. E se resta il dubbio di come sarebbe andata a finire per il Pd
se la scelta fosse caduta su un candidato più autorevole e meno
identificabile con l’attuale gruppo dirigente, la pera era comunque
matura.
Donna, per giunta giovane: almeno in un Paese dove la
pubertà si supera a quarant’anni. Evviva. Ma ora si fa sul serio. Per il
Movimento fondato da Beppe Grillo è la prova cruciale, che potrebbe
pesare non poco nella prospettiva delle prossime elezioni politiche.
Perché governare una città come Roma è forse più complicato sotto certi
aspetti che tenere in mano il timone del governo centrale.
Di
Virginia Raggi sappiamo poco o nulla. Per quasi tre anni è stata in
consiglio comunale, in uno sparuto plotone apparso molte volte privo di
potere decisionale. Come quando, dopo l’estromissione del democratico
Mirko Coratti dalla presidenza dell’assemblea perché coinvolto in Mafia
Capitale, avevano accettato informalmente l’incarico di vicepresidente
per uno di loro, salvo poi ritirare la disponibilità ad assumersi tale
responsabilità in seguito all’intervento del triumviro Alessandro Di
Battista. Sempre più l’uomo forte del Movimento a Roma. Dove la partita
si annuncia durissima. E le idee, almeno a giudicare dalla campagna
elettorale, non sembrano così chiare: come dimostra la circostanza che a
dispetto degli annunci iniziali l’organigramma della giunta non è
ancora completo.
Virginia Raggi ha puntato soprattutto a
rassicurare. Prima i dipendenti del Comune. Poi i tassisti, che hanno
rappresentato per il Movimento 5 Stelle una solida base elettorale come
già lo erano stati otto anni fa per il centrodestra. Quindi i dipendenti
dell’Atac, un’azienda delicatissima per la funzione che ha ma
letteralmente allo sbando da anni, strozzata com’è nel groviglio di
interessi politici, sindacali e affaristici. E ora per il Movimento 5
Stelle arriverà inevitabilmente il momento di onorare le promesse.
Avendo ben chiaro che il nuovo sindaco non potrà contare minimamente
sull’aiuto di Palazzo Chigi, dove la tentazione di mettere in difficoltà
la giunta grillina della Capitale sarà, temiamo, una costante. I nodi
verranno subito al pettine. Virginia Raggi ha detto di voler rinegoziare
il vecchio debito del Comune, che costringe i cittadini romani a pagare
le addizionali Irpef più alte d’Italia. Ma intanto quel debito è
affidato a un commissario straordinario nominato dal governo: oggi è
Silvia Scozzese, già assessore al Bilancio della giunta di Ignazio
Marino. I debiti sono poi in gran parte costituiti da mutui con la Cassa
depositi e prestiti, banca controllata dal Tesoro. E per rinegoziarli
bisogna che il governo sia d’accordo. Ancora? La questione del salario
accessorio, che aveva provocato un contrasto durissimo fra Marino e i
sindacati, di sicuro riesploderà, visto che il ministero del Tesoro ha
considerato illegittima la distribuzione a pioggia di quelle somme
aggiuntive rispetto allo stipendio. Per non parlare della rotazione dei
vigili urbani, bloccata da una curiosa sentenza del giudice del lavoro. O
dei lavori della Metro C, l’opera pubblica più costosa e problematica,
con il pandemonio di carte bollate, contenziosi e veleni che li
accompagna: il governo sta cercando di scalzare il Comune.
Con
Matteo Renzi si annuncia perciò una partita a scacchi con il rischio di
finire costantemente sotto scacco. E la storia insegna che governare la
Capitale avendo un governo politicamente ostile non è affatto semplice.
Per tutto questo servirebbe un fisico bestiale. Ma pure autorevolezza e
credibilità, condizioni necessarie per quell’autonomia decisionale della
quale molti hanno dubitato. Sono qualità che adesso auguriamo a
Virginia Raggi di riuscire a dimostrare, facendo dimenticare le troppe
omissioni del suo curriculum. Per chi giustamente predica la trasparenza
assoluta, quelle non sono certo un bel biglietto da visita.