lunedì 13 giugno 2016

Corriere 13.6.16
Maestre di emozioni ed equilibrio
Le note che cambiano il mondo
di Franco Mussida

Oggi, 13 giugno, è il gran giorno. Il giorno in cui in una prestigiosa università italiana si tiene un convegno su un tema caro non solo a me, ma a tutta la mia generazione oggi ormai rassegnata e disillusa. Il giorno in cui si certifica che la musica può veramente cambiare il mondo. Lo si è dimostrato attraverso i risultati scientifici ricavati da tre anni di sperimentazione e osservazioni fatte con un centinaio di detenuti in quattro carceri in Italia.
Ci credevano tanto quelli del rock and roll, dei Beatles e dei Rolling Stones, di John Baez e di Bob Dylan. Ma poi, vedendo il progredire del fenomeno della musica popolare nei decenni successivi, hanno smesso di crederci. Così ad aiutarci a dimostrare inequivocabilmente che con la musica è davvero possibile cambiare il mondo, ci hanno pensato cento detenuti e un gruppo di almeno il triplo di questi, tra coordinatori, psicologi, musicisti, insegnanti, educatori, maestranze di Opera, Monza, Rebibbia femminile e Secondigliano. E i tantissimi che hanno offerto musica strumentale per riempire le audioteche, associando a ogni brano la propria soggettiva visione emotiva.
Non esiste cambiamento senza un impegno forte, senza una lotta anche dura. Se il medico lotta contro la malattia affinché ogni malato guarisca, il musicista dovrebbe lottare per dare salute interiore, senso costruttivo alla vita emotiva, gioia e intimo appagamento.
Sono comprensibili la rassegnazione e la disillusione delle generazioni degli attuali sessantenni e settantenni. Questo stato d’animo, però, si basa su un grave errore di valutazione. Non è infatti la musica aggregata alla politica o alla sociologia che può cambiare il mondo. Non sono né Grillo né Renzi, Salvini, Obama, Putin o Clinton che possono farlo. Anche se la cultura ci prova, loro possono essenzialmente modificare alcune condizioni della vita sociale, distribuire in modi diversi ricchezze e povertà. Cambiare il mondo significa cambiare l’uomo, modificarlo in profondità, interiormente. Trasformare la sua tendenza egotica giudicante e autodistruttiva, cambiare in modo compassionevole il rapporto con se stesso, con gli altri, con l’essere del pianeta.
Cento detenuti hanno dimostrato che c’è un’altra strada da percorrere che può condurci a farlo. E che non si tratta né di quella della scienza e della materia, che non hanno compiti etici, né quella delle religioni come si vivono oggi, che si sono chiuse a riccio. Ma si tratta di una diversa dimensione di ricerca magica e laica al contempo. Una ricerca che ha in sé la stessa lucidità di osservazione degli scienziati e la medesima dedizione e venerazione nei confronti di ciò che è vivente proprie degli sciamani. È una nuova dimensione dell’arte: un’arte vera e di servizio, un’arte fuori dal mercato. Con il progetto CO2 la musica è servizio, ovvero «serve».
Grazie a un diverso modo di ascoltarla, di accostarsi a essa, si è visto che può aiutare ad aprire nuove brecce nell’intimità delle persone devastate emotivamente dalla carcerazione, provando a bonificare in modo naturale quel marciume emotivo fatto di rabbia e odio, con il balsamo della saggezza presente nelle composizioni create dalla genialità, e dalle passioni educate da quelle regole ancestrali e matematiche padroneggiate dai musicisti. Musica di cui si è orientato l’ascolto in modo diverso, musica concessa — per così dire — in uso alla persona, offerta e recepita dai detenuti come acqua per un giardino interiore abbandonato, arido, rinsecchito.
Musica per illuminare, per rendere di nuovo percepibile e per riscaldare il vero centro di gravità della nostra vita, specie quella di quegli uomini che vivono in luoghi estremi come le galere: ovvero il loro centro emotivo, il loro cuore. Il loro universo affettivo.
La meraviglia è che la musica è un nostro elaborato. Siamo noi che utilizzando il mondo che vibra, quello della vita, abbiamo scoperto e ordinato i suoni; semi sonori in cui sono rinchiuse copie di tutti i nostri sentimenti, semi utili a promuovere positivi cambiamenti d’umore che col tempo possono diventare stabili.
I detenuti sono l’avanguardia di questa sperimentazione e non li ringrazieremo mai abbastanza. Sono loro che ci hanno dimostrato che prima o poi daremo alla musica un ruolo diverso da quello immiserito che ora si ritrova ad avere.
Oggi è davvero un gran giorno. Nasce in Italia in dodici tra le più importanti città, la prima rete di audioteche divise per stati d’animo prevalenti. Per il momento è solo in ambito carcerario. Ma non ci si fermerà qui, perché la musica è una grande equilibratrice ed educatrice. Con questo metodo può essere utilizzata, in comunità, carceri minorili, ospedali, e in luoghi di grande stress come grandi e piccole aziende.
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno lavorato a ogni titolo attorno a questo progetto, e che ci hanno aiutato, a dimostrare quello che Le chiavi nascoste della Musica , il titolo del convegno promosso dall’Università di Pavia, rende pubblico: ovvero che la musica di tutte le epoche e di ogni stile, proposta in modo consapevole come strumento educativo del sentire affettivo, è un mezzo straordinario che ha il potere di cambiare l’uomo in meglio e, così facendo, di trasformare il mondo in cui vive.