Corriere 12.6.16
L’ipnosi è finita. E adesso si inizia a usarli bene
di Beppe Severgnini
A
i tempi di Lascia o raddoppia? (1955-1959), quanti guardavano il
programma e quanti il televisore? Quanti erano affascinati dal messaggio
(il quiz) e quanti dal mezzo (la scatola magica apparsa in salotto)?
Può sembrare un modo insolito per commentare la mancata crescita dei
principali social; ma la questione è tutta qui. Il periodo ipnotico è
finito. Facebook ha dodici anni, Twitter dieci, Instagram sei, Snapchat
cinque. Stanno tra l’infanzia e l’adolescenza; ed è normale che, a un
certo punto, si smetta di crescere vertiginosamente. Non è l’inizio
della fine, è la fine dell’inizio. I social, ormai, fanno parte della
nostra vita quotidiana. Non a caso, gli utenti aumentano. Prendiamo
Facebook. Nell’ultima trimestrale (aprile 2016) ha annunciato d’aver
raggiunto 1,69 miliardi di utenti attivi al mese (Monthly Active Users),
+15% rispetto allo scorso anno; e 1,51 miliardi di utenti attivi al
mese su mobile (Mobile Monthly Active Users), +21%. Nonostante le
difficoltà, anche Twitter nell’ultima trimestrale ha riportato un
aumento di Monthly Active Users: 310 milioni (+3% rispetto allo scorso
anno). Il tempo trascorso sull’app è diminuito? È un problema per i
padroni di casa, come ha sottolineato il Reuters Institute for the Study
of Journalism (Journalism, media and technology pre-dictions 2016).
Facebook, come gli altri social, vuol tenerci più tempo sull’app, farci
interagire e aumentare il cosiddetto engagement (che si può vendere ai
pubblicitari). Ma, per noi utenti, ridurre quel tempo è normale. Anzi,
salutare. L’uso bulimico è un segno d’entusiasmo e d’impazienza; poi ci
si dà un ritmo, come per il sesso nel matrimonio. Non occorre essere
specialisti — anzi, meglio non esserlo — per notare certe tendenze.
Torniamo al principe dei social, Facebook. I ventenni lo usano, non ne
abusano. Spesso, a eccedere, sono le mamme e i papà, che mostrano la
foga dei neofiti. Twitter? Chi non riesce a staccarsene, soffre di una
nevrosi. C’è chi esagera con il tifo calcistico e l’amaro dopo i pasti;
alcuni colleghi giornalisti eccedono con tweet e retweet
(disintossicatevi, per il vostro bene). Qualcuno dirà: perché, allora,
vediamo sempre più persone chine sui telefoni (in metro, al ristorante,
sulle strisce pedonali)? Semplice: perché in rete non si limitano a
controllare l’altrui esibizionismo su Facebook e a testare la propria
arguzia su Twitter. Fanno molte altre cose: controllano la posta su
Gmail, ascoltano musica su Spotify, cercano la strada con Google Maps,
etc. È un progresso? Chissà. Certamente, è un’evoluzione.
(Ha collaborato Stefania Chiale)