domenica 19 giugno 2016

Avvenire.it 18.06.16
Puglia, ecco il piano anti-caporali
di N. Lavacca


Un servizio di trasporto pubblico gratuito per i braccianti, bandi per l’accoglienza dei lavoratori stagionali, distribuzione assicurata di acqua e viveri nei campi, allestimento di due tendopoli a Rignano Garganico e a Nardò per porre fine ai ghetti. A un anno di distanza dalle tragedie avvenute nelle terre dello sfruttamento, la Puglia prova con queste contromisure a uscire dall’emergenza caporalato. Ma quali sono i numeri del fenomeno? In base all’elenco degli iscritti negli elenchi anagrafici, secondo la ricostruzione fatta dalla Flai-Cgil, i braccianti registrati in Puglia sono 187.047 (in tutta Italia superano i 930mila) dei quali però 67.048 (24.578 stranieri) non raggiungono i minimi previdenziali. In realtà, il sommerso è enorme. «Ci sono non meno di 60.000 braccianti in nero – rivela Giuseppe De Leonardis, segretario generale della Flai-Cgil Puglia –. Un dato inquietante, che deve far riflettere su come l’agricoltura locale, senza escludere altre regioni meridionali, sia finita da tempo nelle grinfie di aziende che non rispettano le norme di legge, e che magari si avvalgono di agenzie interinali compiacenti per mascherare l’illegalità con pratiche in apparenza regolari, e di caporali senza scrupoli. L’obiettivo resta quello di combattere i caporali, lo sfruttamento dei lavoratori e l’evasione». L’esercito degli sfruttati è sempre in movimento, specie in questo avvio di estate dove è cominciata la stagione 'calda' della raccolta prima delle ciliegie e poi di altri frutti della terra, tra cui pomodori e uva. Con le temperature elevate lavorare nei campi diventa sempre più duro e pesante, soprattutto se i braccianti sono costretti ad operare in condizioni improbe, spesso disumane ricevendo in cambio compensi irrisori. Molti ricorderanno le morti avvenute un anno fa in Puglia e Basilicata, in particolare quella di Paola Clemente, la bracciante di San Giorgio Jonico che perse la vita mentre era intenta all’acinellatura dell’uva nella campagne di Andria. Per fronteggiare una situazione di continua emergenza è stato firmato a fine maggio un protocollo sperimentale tra Stato, Regioni e parti sociali. Vi hanno aderito in particolare Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia, partendo dai territori di Bari, Foggia, Lecce, Caserta, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria. «In Puglia – sottolinea De Leonardis – abbiamo già avviato sei tavoli monotematici di confronto con il governatore Michele Emiliano», che si sono conclusi proprio ieri, mentre è fissata per sabato 25 giugno a Bari una manifestazione nazionale unitaria contro lo sfruttamento dei lavoratori nei campi. I dati forniti dal ministero del Lavoro sugli interventi ispettivi del 2015 nel comparto agricolo sono piuttosto eloquenti. A livello nazionale c’è stato un preoccupante incremento di situazioni non regolamentari. Le 8.662 ispezioni effettuate nelle imprese hanno fatto registrare un tasso di irregolarità del 54 per cento. Di conseguenza i lavoratori agricoli irregolari vittime di palesi violazioni (assenza di contratto, mancata o parziale registrazione delle giornate lavorate, sottosalario, garanzie quasi nulle a livello previdenziale e assistenziale) sono risultati 6.153 di cui ben 3.629 non assunti, cioè non contrattualizzati. Tra questi, sono 180 i cittadini extracomunitari e 713 quelli riconducibili alla manodopera d’interposizione del caporalato e di intermediari. L’illegalità regna sovrana, soprattutto in quelle regioni del Sud dove il comparto agricolo ha una marcata valenza economica territoriale e dove sono più diffuse le pratiche contro legge unite a forme assurde di vessazione e ricatti. Protocolli a parte, le risorse per finanziare il contrasto agli schiavisti della terra non mancano: la Regione Puglia ha stanziato 4 milioni per le tendopoli chiamate ad ospitare i braccianti, 1 milione per un biennio per il trasporto pubblico e 1,6 milioni finalizzati ad incentivare le azioni ispettive.