domenica 8 maggio 2016

Repubblica 8.5.16
Annarita Leonardi ha rinunciato a candidarsi per il Pd a Platì
“Per un anno sono stata boicottata ecco spiegato il mio fallimento politico”
“A Platì mi dicevano di non fare lo sbirro Contro di me il Pd locale”
Alla fine si presentano due liste. Una è la figlia di un ex sindaco di una giunta sciolta per ‘ndrangheta
di Alessia Candito

REGGIO CALABRIA. Con la benedizione del premier Renzi, Anna Rita Leonardi era stata presentata come futuro sindaco di Platì sei mesi prima delle elezioni amministrative. Ma il giorno che avrebbe dovuto segnare l’inizio della sua cavalcata trionfale, la dirigente Pd l’ha passato a guardare altri presentare le liste che lei non è riuscita a chiudere. Nel piccolo paese calabrese, che andrà ad elezioni dopo dieci anni quasi ininterrotti di commissariamento, non ci saranno candidati del Pd. A sfidarsi saranno due civiche in odor di centrodestra. «Questa - dice Leonardi - è probabilmente l’unica vittoria ed è mia personale. Se oggi si vota è anche perché ho stimolato la partecipazione politica». Oggi ci sono Ilaria Mittiga, «che si è presentata - spiega Leonardi - dopo che la Bindi ha dichiarato inammissibile candidatura del padre Francesco, perché in passato sindaco dell’amministrazione sciolta per mafia» e Rosario Sergi, di “Liberi di ricominciare”, un movimento civico noto per le feroci campagne contro l’accoglienza dei migranti in città.
Anna Rita Leonardi, Cos’è successo a Platì?
«Per quanto tu abbia determinazione e voglia, se non hai firme e candidati non c’è niente da fare. Avevamo trovato quattro giovani che sarebbero stati disponibili ad impegnarsi con noi, poi avremmo completato la lista con degli esterni. Ma poi hanno fatto un passo indietro.
Lì ha deciso di mollare?
«È stata convocata una riunione a Roma. C’eravamo io, il segretario regionale Ernesto Magorno, il responsabile calabrese dell’organizzazione Giovanni Puccio e il vicesegretario Lorenzo Guerini. Alla fine, è emerso che non c’erano più le condizioni per presentare una lista a Platì. Non c’era tempo per cercare nuovi candidati e provarci con soli esterni non avrebbe avuto alcun senso. Sarebbe stato come proseguire con il commissariamento. Noi volevamo riportare il paese a fare politica».
Perché non siete riusciti a farlo sotto le bandiere del Pd?
«A Platì non c’è solo un’alta densità mafiosa, ma anche un’enorme diffidenza nei confronti della politica. Non sono stata messa nelle condizioni di rompere questa cappa. Per un anno sono stata boicottata non solo da una parte del paese, ma anche da una parte del mio partito regionale. Il segretario provinciale Sebi Romeo, e Magorno mi sono stati vicini, come tutto il nazionale, ma molti dirigenti locali mi hanno apertamente osteggiata e questo mi ha reso poco credibile. In più il circolo è stato aperto e chiuso nel giro di un mese e io ero lì da sola. Una parte del Pd calabrese ha lavorato apertamente perché questo progetto non funzionasse.
Può fare qualche nome?
«Per adesso no, ma mi riservo di delineare un quadro completo e dettagliato molto presto.
Si rimprovera qualcosa?
«Inizialmente forse ho sbagliato approccio nei confronti dei quadri locali del Pd. Credo che alcuni abbiano letto la mia candidatura come un tentativo di scavalcarli, ma nessuno mi ha mai chiesto apertamente un passo indietro. Per il resto, ho voluto fare tutto da sola. E forse avrei dovuto disturbare il mio partito e pretendere maggiore impegno».
Come mai non si è riusciti a coinvolgere la maggior parte del paese?
«Platì è un territorio complesso, dove molti, pur incensurati, hanno parenti o amici che hanno avuto problemi con la giustizia. In paese ho sempre parlato con tutti, ma fin dal principio ho messo paletti molto chiari per la formazione delle liste. Forse ho pagato la mia rigidità. C’era chi diceva che fossi lì a fare “lo sbirro”».
La ‘ndrangheta ha mai creato problemi?
«Né io, né i miei candidati abbiamo mai ricevuto minacce, tanto meno siamo stati avvicinati. Questa storia non ha nulla a che fare con la ‘ndrangheta, è solo un fallimento politico».