sabato 28 maggio 2016

Repubblica 28.5.16
Roma, Grillo rinuncia al comizio finale
Il leader M5S sceglie di non andare alla manifestazione di Piazza del Popolo con la Raggi. E il Pd evita le piazze. Renzi chiude il primo giugno all’Auditorium con Giachetti. L’attacco dei grillini contro il premier
di Giovanna Vitale

ROMA. Alla fine ha deciso che sì, pure sulla campagna per le amministrative, da cui per mesi s’era tenuto a debita distanza, era giusto metterci la faccia. E così, pressato dai “suoi” candidati, il premier Matteo Renzi ha deciso di scendere in campo per sostenere gli aspiranti sindaci del Pd. Con una scelta tuttavia in controtendenza rispetto al passato: le manifestazioni non si terranno in piazza, luogo simbolo delle kermesse elettorali del centrosinistra, bensì in uno spazio chiuso.
Si parte lunedì da Torino, al teatro Alfieri insieme a Piero Fassino. Il giorno successivo toccherà a Milano, al centro sociale Barrio’s con Beppe Sala e Giuliano Pisapia. Anche se poi l’appuntamento clou è previsto a Roma mercoledì sera, allorché il capo del governo perorerà la causa di Roberto Giachetti all’Auditorium della Conciliazione. La partita più importante di tutte. Anche in chiave nazionale, qualora si dovesse verificare ciò che solo fino a qualche giorno fa pareva impensabile: la sconfitta della grillina Virginia Raggi al primo turno.
Un blitz, maturato nelle ultime 24 ore, che ha fatto andare su tutte le furie gli avversari. In particolare l’avvocata pentastellata che vuole scalare il Campidoglio. La quale, per sovrappiù, ieri ha dovuto incassare la defezione di Beppe Grillo alla chiusura della sua campagna, il 3 giugno, in piazza del Popolo: ci saranno, a sorpresa, l’attore Claudio Santamaria e il Nobel Dario Fo, ma non il capo indiscusso del MoVimento. Impedito da non meglio precisate “ragioni personali”.
Da qui il nervosismo della Raggi: «È scandaloso. Il premier non sta facendo il premier. Deve capire che ha un ruolo istituzionale e deve svolgerlo in modo imparziale perché l’ha giurato sulla Costituzione », ha subito tuonato. Suscitando il sarcasmo dem. «Pensasse quello che vuole, poi lo decideranno i romani se è scandaloso o meno», ha tagliato corto lo sfidante. «Unico scandalo è una candidata teleguidata da Milano», ha rincarato Ernesto Carbone: «Ieri diceva che Giachetti si teneva alla larga dal Pd, oggi vorrebbe impedire al segretario del Pd di fare campagna per un candidato del partito. Evidentemente da Milano suggeriscono male». Con Laura Coccia a twittare: «Ma invece è normale dimettersi se lo chiede Grillo?».
Il fatto è che pure gli altri candidati non hanno gradito. «La presenza di Renzi è un segno di debolezza», scandisce Stefano Fassina di Si. «Uso vergognoso delle istituzioni», denuncia la leader di Fdi Giorgia Meloni, la quale invece concluderà la sua battaglia elettorale giovedì, tutta sola, nella periferia di Tor Bella Monaca. «È evidente che c’è il partito di palazzo Chigi che si identifica con il Pd ed è un tutt’uno», ha fatto eco il civico Alfio Marchini, pronto a chiudere venerdì a Ostia al fianco di Berlusconi.
Polemica che fa il paio con il presunto appoggio di Verdini a Giachetti, tradito da una cena organizzata da alcuni esponenti di Ala per Francesco Romeo, in corsa nella sua civica. «Il Pd ha calato la maschera, governerà con Verdini», l’accusa della solita Raggi. «Macché, nessun accordo », smentisce il renziano. «Il professor Romeo è stato strumentalizzato » si difendono i coordinatori della lista. Che però ieri ha rischiato l’implosione: «Io, di Verdini non voglio neanche sentire l’odore », l’ira fredda della capolista Maria Fida Moro: «Se le cose stanno così, mi ritiro».