Repubblica 20.5.16
Io e Marco, i primi radicali
di Eugenio Scalfari
CI
SIAMO conosciuti per un’intera vita ma siamo andati d’accordo poche
volte, quando si lottava per la conquista di nuovi diritti: soprattutto
il divorzio e l’aborto. Io accanto ai diritti vedevo anche i doveri;
Marco i doveri li vedeva poco o niente, anzi per essere esatti vedeva i
doveri dello Stato (anch’io ovviamente) ma assai meno o per niente
quelli inerenti ai cittadini.
Ora che la sua morte mi dia dolore è
dir poco: come capita spesso è un pezzo della vita che se ne va. Ne
resta la memoria, ma ciascuno ha la propria, che cambia di giorno in
giorno e non coincide mai con quella degli altri.
Il fatto
saliente che ci ha accomunato è stato il Partito radicale. In Italia,
come in Francia e in Spagna, i radicali ci sono sempre stati. Erano un
partito di sinistra con matrice liberale. Negli altri Paesi di ceppo
inglese e tedesco la parola “radical” equivaleva e tuttora equivale al
comunismo. In Italia tuttavia la radice liberale ha molti significati e
molte parole che li definiscono: liberale, libertario, libertino.
Noi
di matrice crociana ed anche gobettiana eravamo liberali di sinistra;
di fatto discendevamo dal Partito d’azione e dallo slogan partigiano di
Giustizia e Libertà. Marco era soprattutto libertario, cioè la libertà
come valore unico da praticare in tutti i modi. Per fornire un esempio
una donna come Ilona noi non l’avremmo mai collocata al vertice del
partito e non ne avremmo appoggiato il suo ingresso alla Camera dei
deputati.
I nostri antenati erano storicamente Cavallotti e i
garibaldini della “legione lombarda”: i Cairoli, i Dandolo, i Manara.
Marco, forse anche a lui piacevano ma non in modo particolare. Lui
piaceva soprattutto a se stesso, convinto com’era che il vero
radicalismo cominciasse da lui e dai suoi compagni.
Liberali lo
eravamo tutti, Marco soprattutto nel suo modo di vita, noi in parte allo
stesso modo ma in maggior parte col pensiero. Per noi il libertinaggio
intellettuale era quello di Voltaire, di Diderot, di Mirabeau, di
Condorcet e poi di Roosevelt e di Churchill. Dunque la nostra pasta
umana era molto diversa dalla sua.
Accadde poi che nel 1956 noi,
“Amici del Mondo” fondammo il Partito radicale: Pannella e un gruppo di
suoi amici che militavano nell’associazione goliardica di sentimenti
laici chiamati Ugi (Unione goliardica italiana) entrarono nel nostro
partito nel ’58 ma furono sempre un gruppo in qualche modo estraneo.
Nelle riunioni di partito alle quali partecipavano presentavano fin
dall’inizio mozioni di procedura preliminare ostacolando a dir poco per
un’ora l’inizio della discussione politica alla quale partecipavano poco
e poi abbandonavano la riunione manifestando esplicitamente un’assoluta
indifferenza verso i temi da noi esaminati. Salvo – come ho già detto
prima – quando si trattava di nuovi diritti da conquistare: allora
eravamo tutti uniti e combattevamo con passione il difficile tema
cercando di diffonderlo il più possibile nella pubblica opinione e poi
con altri mezzi costituzionali: progetti di legge di iniziativa
popolare, dimostrazioni di piazza in tutta Italia, iniziative
referendarie.
Eravamo pochi di numero ma ci moltiplicavamo lavorando in tutte le ore del giorno e della notte.
Avvenne
poi che nel 1962 il nostro Partito radicale si spaccò sul tema
dell’apertura a sinistra. Alcuni di noi volevano i socialisti al governo
con la Dc e i repubblicani; altri accettavano solo un appoggio esterno
dei socialisti. La soluzione fu che tutti i radicali decisero di
dimettersi dal partito e così cessò di esistere. Ma Pannella e i suoi
quattro amici no, restarono e rifondarono il partito. Mantenendogli il
nome ma cambiandone radicalmente il contenuto fino ad oggi, guidati da
Marco, da Emma Bonino e da qualche altro di cui purtroppo non ricordo il
nome.
Da allora non ci incontrammo più, salvo nelle occasioni del
divorzio e dell’aborto anche perché Marco voleva essere in Parlamento
con qualcuno dei suoi e per ottenere questo risultato ne fece di tutti i
colori: scioperi della fame, poi della sete, alleanze politiche ed
elettorali con personaggi centristi e cattolici, un paio di volte
addirittura con Berlusconi. Naturalmente non ne condivideva le idee e
proprio per questo una alleanza elettorale faceva ancor più chiasso
perché ciascuno sosteneva tesi diverse dall’altro ma tuttavia si
presentavano insieme davanti ai cittadini.
Qualcuno oggi lo
paragona a Grillo. Qualche somiglianza c’è ma le distanze sono molte.
Sono due attori, Grillo professionista, Pannella dilettante. Grillo ha
politicamente lo scopo di abbattere tutte le istituzioni esistenti,
quello che verrà dopo si vedrà. Pannella voleva invece cambiarle, ma non
distruggerle e spingere ed allargare il più possibile il tema dei
diritti per ottenere i quali avrebbe preso qualunque iniziativa. Diritti
soprattutto sociali. Per questo è andato a trovare perfino il Papa. Chi
lo conosce sa che Marco non si è mai posto il problema dell’aldilà. Lui
credeva soltanto nella vita. Amava i viventi e desiderava che tutti
l’amassero. Non ha mai avuto il problema del potere ma quello della
notorietà, quello sì.
Quando faceva lo sciopero della fame che
dopo qualche giorno diventava anche quello della sete, l’ha fatto quasi
sempre sul serio. Gli costruivano una tenda all’interno della quale
riposava con un medico sempre accanto e gli amici che si avvicendavano
per venirlo a trovare. L’obiettivo che lui aveva per fermarsi dallo
sciopero era di ottenere il successo sulla tesi che in quel modo stava
sostenendo.
Ricordo molto bene la prima volta del suo sciopero
della sete. Era buona stagione e c’era il sole. Marco aveva chiesto di
essere ricevuto dal Presidente della Repubblica che era allora Giovanni
Leone nella sua qualità di segretario del Partito radicale, ma non c’era
in quella legislatura alcun radicale in Parlamento.
Leone
rifiutò. Era disponibile a riceverlo come persona, ma non in quella
pubblica veste altrimenti avrebbe creato un precedente per un qualunque
cittadino con la voglia di essere ricevuto al Quirinale inventandosi un
partito inesistente e con quella motivazione incontrare il Presidente.
Naturalmente
Pannella proprio quello voleva e tanto più in quanto i radicali in
Parlamento in quel momento non c’erano, ma la carica sì ed era questo
che doveva contare.
A quel punto il Presidente Leone mi convocò,
sapeva che conoscevo Pannella molto bene e voleva conoscere la mia
opinione in merito. Era il 1971 ed io ero deputato socialista.
Andai.
La scusa era una mia opinione sull’andamento della lira perché io mi
interessavo molto di temi economici, ma in realtà arrivammo subito al
problema Pannella. Leone mi domandò se fosse possibile che spingesse la
situazione fino al punto di essere in grave pericolo di morte. «Il
rischio c’è, l’ha detto anche il medico, ma che Pannella lo voglia credo
di poterlo escludere. Però bisogna stare molto attenti ad una vita
spinta fino al limite dell’esistenza». «Lei sa qual è l’ostacolo, l’ho
detto pubblicamente» «sì lo so, ma una via d’uscita si può trovare.
Pannella è anche presidente di molte associazioni importanti. Lei può
riceverlo per quelle sue cariche aggiungendo che è anche segretario del
Partito radicale».
Così andarono le cose e Marco ottenne quel
successo per il quale aveva sfiorato il peggio. Del resto altri scioperi
della sete ne ha fatti e sono sempre terminati come lui sperava.
Che
sia stato un grande attore l’ha ancora una volta dimostrato perché alla
vigilia della morte, stavolta inevitabile, ha trasformato la sua casa
in una sorta di locale di festa tra amici, con lui protagonista.
Non
ci sono morti, l’ho già detto, ma momenti in cui il grande attore
regala a se stesso e ai suoi amici il divertimento nei limiti in cui
ancora può. Ha vissuto col gusto di vivere ed ha voluto che anche gli
altri facessero lo stesso da questo punto di vista non ha mai
considerato che cosa sarebbe accaduto o non accaduto dopo. Alla fine
arriva sorella Morte e tutto è finito.