Repubblica 15.5.16
Stati Uniti.
Pena di morte, la Pfizer dice basta mai più farmaci per l’iniezione letale
Il
gigante farmaceutico ha annunciato che i suoi prodotti non potranno più
essere venduti a istituzioni che li usino per le esecuzioni Ma diversi
Stati pensano a mezzi alternativi: dal plotone alle camere a gas
di Vittorio Zucconi
IL
BOIA È SOLO, con la siringa vuota davanti alla sua vittima. Ora che
anche la Pfizer, l’ultima signora di Big Pharma a cedere, si è
autoesclusa dal business della morte inflitta con I suoi farmaci, nei 32
Stati americani che ancora applicano la pena capitale l’illusione
dell’esecuzione “umana” crolla. E i vecchi fantasmi — sedie elettriche,
camere a gas, cappio, plotoni di esecuzione — ritornano Nessuna casa
farmaceutica, europea o americana, venderà più gli anestetici chirurgici
(tranquillanti, sonniferi, miorilassanti) che formavano i cocktail
letali iniettati con gli stantuffi nelle vene del morituro legato alla
barella. Per ottenerli, gli Stati che ancora si ostinano a usarli
dovranno farseli preparare da farmacisti che mescoleranno privatamente e
spesso illegalmente gli ingredienti o, colmo del paradosso, tentare di
ottenerli per contrabbando da India o Cina. Dunque dovranno violare la
legge per applicare la più infame tra le leggi.
La Pfizer, che
preferisce essere celebre nel mondo per le sue pilloline azzurre, gli
antibiotici, i chemioterapici, gli antinfiammatori, le statine e il
catalogo di prodotti che ne fanno la quarta casa farmaceutica del mondo
con quasi 50 miliardi di dollari in incassi lordi annui, ha citato
ragioni etiche per il suo rifiuto: «La nostra società lavora per
migliorare e salvare la vita dei pazienti e dunque obietta decisamente
contro l’uso dei suoi prodotti per iniezioni letali». I grossisti, così
come i dettaglianti del suoi medicinali saranno sottoposti a «stringenti
controlli» per garantire che i suoi farmaci non siano più venduti agli
Stati che li userebbero per le esecuzioni o al governo, che ancora
contempla il patibolo per reati di valenza federale.
Scelta etica e
insieme scelta di marketing perché la morte, associata al nome
dell’azienda, è bad business, un pessimo affare che i ricavi e i
profitti non giustificano più. Lo scorso anno, 28 condanne sono state
eseguite, la cifra più bassa dal 1999 e meno di un millesimo dei 2.943
detenuti nei bracci della morte, dove, in attese che ormai oltrepassano i
15 anni, è più probabile morire di morte naturale che legati alla
barella con le flebo nelle vene.
Un volume di affari che, per il
numero dei giustiziati e per il modesto costo di comunissimi farmaci,
dal Propofol (l’anestetico che uccise Michael Jackson), al Sodio
Thiopenthal al Curaro, non vale l’imbarazzo di essere agenti di morte.
Come medici e infermieri che non possono partecipare alle esecuzioni, se
non per certificare il decesso.
Resta il ricorso a farmacie
galeniche, dove si mescolano gli ingredienti attivi, oppure al
contrabbando, con il rischio di vedere partite di questi medicinali
importati dall’Asia bloccati e sequestrati dalla Dogana in Texas e
Arizona, perché privi dell’autorizzazione dell’agenzia
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americana
del farmaco, la Fda. Per continuare a pompare il cocktail letale, le
autorità penitenziarie di Stati come Texas, Arkansas e Virginia sono
costretti ad andare underground, di fatto da pusher di veleni, perché
anche l’Associazione americana dei farmacisti ha proibito ai propri
appartenenti di prepararli.
Lo ha vietato dopo che, era il 2014,
nel penitenziario di Lucasville in Ohio, un agente di custodia,
frettolosamente addestrato, schiacciò i pulsanti che dalla sala di
controllo cominciarono a pompare la miscela sperimentale e artigianale
nelle vene di Dennis McGuire, condannato per violenza sessuale e
omicidio. Dietro la finestra che separa la barella dai testimoni, la
figlia del condannato chiamata a testimoniare vide il padre emettere un
lungo sospiro e addormentarsi, come vorrebbe il protocollo. Ma solo in
apparenza. Pochi secondi più tardi, il condannato si scosse. Il petto e
il ventre si gonfiarono. Il corpo tentò di divincolarsi dalle cinghie di
cuoio che lo tenevano legato alla barella, mentre dalla bocca uscivano
grida, gorgoglii e suoni che la figlia, e gli altri testimoni,
descrissero come «disumani». Dennis McGuire impiegò 25 minuti per
morire.
Fu allora che gli Stati decisi a resistere pensarono di
rispolverare i vecchi arnesi di supplizio. Oggi si scopre, con un
brivido, che la giusta decisione delle grandi casi farmaceutiche come la
Pfizer non è necessariamente una buona notizia oppure un’accelerazione
verso l’abrogazione del patibolo, costituzionalmente accettabile. Nello
Utah, il presidente dell’assemblea legislativa, dopo avere ripetuto che
«se c’è la pena di morte deve esserci un fottuto metodo per eseguirla»,
ha riesumato il plotone di esecuzione, come scelta per il giustiziando,
usata nel 2010 da Ronnie Lee Gardner per morire.
In Virginia, il
governatore democratico McAuliffe, grande alleato di una Hillary Clinton
che non si è pronunciata completamente contro la pena capitale, è
riuscito a mettere il veto e a bloccare la decisione del Parlamento
locale di reintrodurre la sedia elettrica.
Ma l’Oklahoma sta
considerando la possibilità di ricostruire le camere a gas su scala più
ampia, chiudendo il condannato in una camera stagna dove pompare azoto
puro invece di ossigeno fino alla morte, in stile Auschwitz, con gas
diverso. E in tre Stati, Delaware, Washington e New Hampshire,
l’irreperibilità dei farmaci introvabili ha fatto ricordare che la forca
non era mai stata bandita.
In Alabama e Tennessee, nei
sotterranei dei penitenziari rimane invece a raccogliere polvere Old
Sparky, la vecchia “sparascintille”, la sedia elettrica.
Silenziosamente, pazientemente, in attesa di futuri passeggeri per
l’ultimo viaggio.
In Virginia il governatore democratico
McAuiliffe ha bloccato il ritorno della sedia elettrica Il peso massimo
di Big Pharma è solo l’ultima società a sfilarsi dal macabro business