sabato 14 maggio 2016

Repubblica 14.5.16
Freccero: “Voterò no, Renzi a casa”
Il Pd attacca il consigliere Rai: “Ci aspettiamo proposte non offese”. Boschi: “Col referendum la scelta è sul merito non di simpatia o antipatia sul governo”. Spataro: “Anche nel 2006 i magistrati si schierarono”
di Paolo Griseri

TORINO. L’attacco più duro viene da Carlo Freccero, storico direttore Rai, oggi indicato dai 5 stelle nel cda di viale Mazzini: «Vinceremo il referendum e Renzi andrà via, lo mandiamo a casa», dice intervistato da Radio24. Poi aggiunge: «Renzi è peggio di Berlusconi dal punto di vista del potere. Ha dalla sua parte il 92 per cento dell’informazione ». E mette nel mirino Michele Anzaldi, membro Pd della commissione di vigilanza, colpevole, a detta di Freccero, «di aver difeso ‘Virus’ (talk show di Raidue n.d.r.) e non Rai3». Chiude Freccero: «Anzaldi è un fondamentalista, è il Gasparri di Renzi ma Gasparri è meglio, è migliorato». Inevitabile la difesa di Anzaldi da parte dei colleghi di partito: «Anzaldi non si è mai abbassato al livello delle offese personali. Da un consigliere di amministrazione come Freccero ci aspettiamo idee e proposte, non offese», dice Lorenza Bonaccorsi, componente della commissione di vigilanza. Per Francesca Puglisi «Freccero si è comportato da cabarettista ». Le parole dell’ex direttore di Raidue hanno infiammato una giornata in cui, al contrario, il governo sembrava deciso ad abbassare i toni della polemica. A Catania per un incontro con all’università Maria Elena Boschi precisa che la battaglia referendaria sarà sul merito della riforma costituzionale e non sul governo. Un modo per correggere in corsa le affermazioni di Matteo Renzi. Parlando a Firenze ai nascenti comitati del sì, il premier aveva detto a inizio maggio: «Scegliamo di andare a vedere se la gente sta con noi, se gli italiani stanno con noi o no». Frase che aveva scatentato le opposizioni. Ieri Boschi ha corretto: «Nel voto del referendum si compie una scelta di merito, non di simpatia o di antipatia nei confronti del governo». Dibattitto sulla modifica costituzionale dunque e non plebiscito pro o contro il premier. Anche se, aggiunge Boschi, «un governo che ha presentato le riforme , che ha chiesto la fiducia al parlamento sulla loro realizzazione, se perde il referendum non può dire ’non è successo niente’ ». Dunque resta la promessa di Renzi: «Se perdo il referendum, vado a casa».
Che lo scontro sia sul merito della riforma e non sul governo lo sostiene anche il fronte del no che ieri si è riunito a Torino. A guidarlo giuristi come Gustavo Zagrebelsky, magistrati come il procuratore capo del capoluogo piemontese Armando Spataro. La riunione si svolge nel salone del Gruppo Abele di don Luigi Ciotti. Partecipa, tra gli altri, anche il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini.
Tocca a Spataro spiegare il senso di una scelta di campo che ha suscitato non poche polemiche da parte degli uomini di governo dopo l’annuncio su Repubblica del Procuratore capo di Torino. «Ho deciso di schierarmi perché i magistrati sono cittadini e hanno il diritto di partecipare alla campagna referendaria ». Parole che avevano suscitato la protesta del vicepresidente del csm Giovanni Legnini secondo il quale la scelta di campo dei magistrati farebbe a pugni con il principio di terzietà del giudice. Spataro nel suo intervento ribatte: «E’ una polemica incomprensibile. Diverse correnti della magistratura, nel 2006, scesero in campo schierandosi per il no al referendum costituzionale. E non ci furono polemiche». Il fatto è che nel 2006 la riforma era proposta dal governo Berlusconi e da sinistra non si levarono proteste. Il referendum bocciò la riforma con la vittoria dei no.