martedì 10 maggio 2016

Repubblica 10.5.15
La mossa a sorpresa della ministra “Bloccare i comitati anti-riforme”
La titolare dei Rapporti col Parlamento punta a non far emergere tra i dem un fronte contro la sua legge Il contrattacco della minoranza: “Vuole solo metterci in un ghetto”
di Goffredo De Marchis

ROMA. Non solo “o con me o contro di me”. Ma uno scontro tra il bene e il male, tra il vecchio e il nuovo. «Uno scontro di civiltà, di cultura», dice Miguel Gotor. La minoranza del Pd, dietro le parole della ministra Maria Elena Boschi, vede il disegno di Matteo Renzi in vista del referendum costituzionale di ottobre. «Un modo per chiudere il Pd dentro il recinto del Sì mettendo fuori tutti gli altri. Facendoli passare come estremisti allo stesso mondo, dalla sinistra a Casa Pound a Grillo. Mentre bisognerebbe fare il contrario quando si parla di Costituzione, creare un fronte più largo», spiega Gianni Cuperlo. Il pericolo è quello della ghettizzazione. «Certo, l’obiettivo è provocare la frattura definitiva tra renziani e antirenziani - aggiunge il bersaniano Gotor - come nel ventennio passato c’è stata la divisione tra berlusconiani e antiberlusconiani. Un esempio lampante della subalternità culturale a Berlusconi. Ma non ci faremo mettere nell’angolo. Il problema è tutto di Renzi».
La Boschi punta a ribaltare questo schema. A bloccare sul nascere l’ipotesi di un fronte del No dentro il Pd, mettendo dubbiosi, scettici o tiepidi rispetto alla riforma dalla parte dell’estremismo assoluto. Addirittura, quello di destra. «C’è un piano per indebolire le ragioni del Sì», ripetono a Palazzo Chigi. Un piano immaginario secondo la minoranza. Che non ci sta a farsi rinchiudere nel ghetto. D’altronde, big hanno tutti annunciato il Sì alla consultazione di ottobre. Con freddezza e senza pathos. Ma Sì. Enrico Letta, Pierluigi Bersani, lo stesso Cuperlo, Roberto Speranza voteranno esattamente come Renzi. Il punto semmai è la loro partecipazione attiva alla campagna referendaria. «Il cambiamento della Carta è in netta contrapposizione alla filosfia del con me o contro di me. Mi limito a suggerire a Renzi una rotta diversa », dice Cuperlo. Questo, chiarisce, è il senso del confronto con la Boschi, ovvero «non legittimare un altro che domani o dopodomani voglia cambiare la Costituzione a colpi di slogan, tutto qua». Le posizioni della sinistra coprono qualche tentativo di creare comitati del No all’ombra del Partito democratico? Così si giustifica l’attacco della titolare delle Riforme, una forma preventiva di “guerra” al dissenso?
Speranza è convinto che migliaia di elettori del Pd «siano orientati a votare No pur desiderando rimanere nel partito». Questo vuole dire che c’è una base di elettorato contro la riforma e che qualche dirigente, a livello locale, sarà tentato di dargli voce. Michele Emiliano per esempio? Il governatore pugliese fa sapere agli amici che lui starà dalla parte del Sì, ma senza impegno, «come Letta». Chi starà sicuramente con il Sì è il renziano Piero Fassino. Ma Gotor lo cita come esempio del boomerang lanciato dal premier. «Penso che Fassino sia preoccupatissimo per la piega data da Renzi alla materia incandescente della riforma. Conosco Torino, ho insegnato lì per qualche anno. Ci sono dei pezzi del mondo torinese - osserva Gotor tutt’altro che estremisti schierati per il No. Piero deve prendere anche quei voti per vincere alle comunali di giugno e deve prendere quelli di tutto il centrosinistra, Sel compresa, se vuole farcela ballottaggio. Secondo me non può fargli piacere l’accostamento amministrative e referendum e nemmeno la battuta infantile della Boschi».
L’accostamento con le comunali però viene anche dalla minoranza. Se le cose andassero male, s’indebolirà la linea oltranzista di Renzi, sarà più facile sostenere un’apertura del Pd a tutte le posizioni. «Esistono 11 ex presidenti della Corte costituzionale che dicono No alla riforma. Non li puoi insultare come fossero degli skinheads», si ribella Speranza.
L’uscita della Boschi può servire anche a stanare la freddezza, il distacco con cui i leader della sinistra si schierano a favore della riforma. «Per Matteo il referendum è anche il congresso del Pd. Le assise successive, in caso di vittoria, sarebbero solo confirmatorie», dice il deputato Dario Ginefra. E questo, sottolinea, «lo sanno anche coloro che formalmente non possono che dire che, insieme a tutto il Partito democratico, sono per il Sì».