giovedì 5 maggio 2016

La Stampa 5.5.16
De Felice, così si rinnova il dibattito storico in Italia
Vent’anni fa moriva lo studioso celebre per le ricerche sul fascismo. Le sue tesi iper-semplificate dai media
di Mario Toscano

Il 25 maggio 1996 moriva Renzo De Felice. Dopo venti anni è possibile riflettere con serenità sul suo ruolo di studioso del fascismo, avviare una storicizzazione della sua figura e della sua opera fuori dalle polemiche e dalle agiografie, che ne hanno fatto per alcuni un bersaglio, per altri una bandiera. La sua notorietà presso il grande pubblico derivò dal clamore e dalle polemiche provocate dalla divulgazione e semplificazione mediatica di alcuni risultati del suo lavoro scientifico, più che dalla lettura attenta di un’opera storiografica complessa, nata dalla scelta di affrontare con gli strumenti dello storico un passato recente che parte della società italiana del tempo preferiva espungere o liquidare in fretta.
Studioso del razzismo
La sua attività di ricerca non riguardò solo il fascismo, ma si estese dai giacobini agli ebrei, all’antisemitismo e al razzismo, al problema della nazione e al ruolo dei partiti politici. La sua figura di ricercatore e il suo ruolo culturale vanno riletti attraverso numerose chiavi: la lezione impartita a tanti giovani studiosi, diversi per formazione e personalità, cui propose un metodo e un’etica di lavoro; l’attività della sua rivista Storia contemporanea; l’opera di diffusione editoriale di studi, memorie e documenti; la promozione in Italia di opere importanti, a partire da quella di George L. Mosse, capaci di imprimere un impulso nuovo al dibattito storiografico, di stimolare la riflessione sulla natura totalitaria del fascismo, il confronto col nazismo, di mettere in evidenza il ruolo dei miti e dei riti nella politica di massa, la germinazione del razzismo dalle più diverse correnti culturali e scientifiche dell’Europa contemporanea, la relazione intercorrente tra antisemitismo e politica di massa.
Molti tra i temi della storia del fascismo che suscitarono controversie nel passato sono ancora oggi oggetto di ricerche e approfondimenti da parte degli storici: il rilievo dello squadrismo e della sua violenza nell’autorappresentazione del fascismo, i contenuti della cultura fascista, il ruolo degli intellettuali, la questione del consenso, nell’analisi dei quali si impegnò ad arricchire l’armamentario dello storico con i sostegni offerti dalla sociologia e dall’antropologia culturale.
La storia degli ebrei
Forse in questi ultimi venti anni il tema più dibattuto tra quelli indagati da De Felice è stato quello del razzismo e dell’antisemitismo, che affrontò nella Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo del 1961. La riproposizione di quest’opera nel corso dei decenni successivi lasciava aperta la necessità di contestualizzare una ricerca che rifletteva gli orientamenti della cultura italiana del tempo, nella qualche predominavano le ricostruzioni rassicuranti della persecuzione antisemita svoltasi nella Penisola. Le critiche rivolte a De Felice anni dopo dimenticavano che quella sua opera del 1961 rompeva un silenzio che si protraeva dal dopoguerra e che sarebbe durato, con poche eccezioni, fino alla fine degli Anni Ottanta, che essa scardinava la leggenda di un’imposizione nazista delle leggi antisemite, illustrava l’autonomia della scelta mussoliniana e impostava il problema delle responsabilità di Salò nella deportazione degli ebrei italiani.
Onestà intellettuale
Oggi la storiografia, pur con qualche esagerazione polemica, ci offre un quadro più ricco e dettagliato di quello consentito dallo stato degli studi e delle fonti nel 1961, su uno degli aspetti più drammatici del fascismo, un fenomeno che il lavoro degli storici consente ormai di inserire nella storia d’Italia sulla base di ricostruzioni rigorose e documentate e non solo con condanne politiche e morali. Anche questo sviluppo va collegato all’opera di Renzo De Felice, che certamente avrebbe guardato con interesse ai progressi della ricerca favoriti dal suo lavoro pionieristico. Perché, oltre al contributo offerto dalle sue pagine, rimane fondamentale, non solo in chi lo ha conosciuto e ne ha apprezzato l’opera, l’insegnamento metodologico offerto in termini di rigore scientifico e onestà intellettuale, per superare i condizionamenti delle ideologie senza dimenticare la responsabilità etica e civile del lavoro della storico, nella consapevolezza, come ebbe a scrivere, che non può esistere una storiografia ideologicamente asettica.