La Stampa 30.5.16
Il silenzio di Renzi sui morti e il timore per il caos in Libia
Forze ostili ad Al Sarraj dietro l’esodo di massa
di Fabio Martini
Parlare, non parla. Sull’angoscioso infittirsi negli ultimi giorni degli sbarchi e dei morti, il loquacissimo presidente del Consiglio per una volta preferisce non aggiungere altre parole in pubblico. Ma in sede più riservata Matteo Renzi riconosce che è stata «una settimana terribile». Anche perché da ieri sera non è più vero quel che Renzi, numeri alla mano, ripeteva da settimane: «Non siamo all’emergenza», perché - sosteneva il capo del governo - la quantità di migranti approdati in Italia dal primo gennaio è inferiore a quelli arrivati nello stesso periodo del 2015.
Vero sino a sabato mattina, mentre da ieri sera quella constatazione del capo del governo è meno vera: secondo i dati dell’Unhcr, la quantità di migranti approdati in Italia dall’inizio del 2016 è salito a quota 46mila. A questo punto in sostanziale equilibrio con i numeri dello scorso anno.
Ma di questi 46mila, ben 15mila sono arrivati nell’ultima settimana: un terzo del totale in sette giorni. È del tutto evidente che se il trend proseguisse con questa intensità per tutta l’estate, allora scatterebbe davvero l’emergenza. A palazzo Chigi fanno gli scongiuri. E per il momento glissano, e comprensibilmente, su due dati molto seri. Al momento non declinabili pubblicamente.
Il primo dato riguarda i centri di accoglienza: oramai scoppiano. Davanti ad un infittirsi degli arrivi, la prima, autentica emergenza scatterebbe proprio nei centri, “tarati” sulle quantità degli ultimi anni. Il secondo elemento allarmistico è un sospetto: una parte dei barconi (in arrivo quasi tutti dalla Libia), potrebbe essere “indirizzata” da forze ostili al governo libico guidato da Al Sarraj, forze interessate a destabilizzare con tutti gli strumenti possibili il nuovo esecutivo, che fatica a consolidarsi. E c’è una terza considerazione che circola in queste ore: è vero che i migranti che si stanno indirizzando non sono “deviati” dalla Siria. Ma cosa accadrà se dovesse riaccendersi anche quel flusso?
Ma nella giornata di ieri a palazzo Chigi hanno dovuto fare i conti anche con la diffusione pubblica di una lettera che il governo italiano conosceva già da quattro giorni. Il 25 maggio il direttore generale del Dipartimento immigrazione a Affari interni della Ue, Matthias Ruete, ha scritto al capo della polizia italiana Franco Gabrielli e al capo del Dipartimento per l’Immigrazione, Mario Morcone. Una lettera nella quale, dopo aver riconosciuto alcuni meriti alla amministrazione italiana, si introduce un nuovo elemento di accusa: la maggior parte degli sbarchi in Italia avverrebbe al di fuori degli hotspot. Ruete chiede conto del ritardo col quale si starebbe provvedendo alla creazione di team “mobili”, capaci di trasferirsi da un porto all’altro allo scopo di identificare i migranti.
Ma soprattutto nella lettera si chiede come mai i Cie, i centri di identificazione ed espulsione, continuino ad avere una così bassa capienza. Ruete è un funzionario, non un’autorità politica e non è a lui che il governo italiano deve una replica. Davanti all’infittirsi dell’emergenza ieri Renzi ha preferito non esporsi e riflettere. Le ultime considerazioni le ha affidate sabato sera al quotidiano “Avvenire”: «L’Italia è un modello nel mondo e ci è stato riconosciuto dal G7» ma a questo punto,«o l’Europa adotta il Migration compact”», oppure «l’Italia dovrà fare da sola». Lo scatto strategico operato da Renzi col piano per l’Africa effettivamente è stato apprezzato da diversi leader, ma ha bisogno di tempo, molto tempo.