La Stampa 23.5.16
Ferrara chiede gli arretrati Imu
La Chiesa deve 100 mila euro
Lettera del vescovo a Renzi: “Intervenga o chiuderemo le scuole”
di Antonio Pitoni
Ferrara
Nella città romagnola il Comune ha chiesto gli arretrati dell’Imu alla
Chiesa per le scuole paritarie considerate commerciali in quanto
percepiscono una retta. Il vescovo ha scritto al premier Renzi chiedendo
di intervenire altrimenti le scuole chiuderanno
Il
caso lo solleva la Curia di Ferrara. E non è di poco conto. Perché
l’impatto potrebbe allargarsi ben oltre i confini del capoluogo estense.
Il nodo riguarda l’estensione della vecchia Ici, poi sostituita
dall’Imu, anche agli immobili di natura commerciale della Chiesa, per di
più con efficacia retroattiva. Una questione sollevata da una decina di
parrocchie ferraresi alle quali il Comune ha chiesto il conto degli
arretrati Ici risalenti al 2010. Una cifra che, secondo i calcoli
dell’economo della Curia, don Graziano Donà, dovrebbe aggirarsi intorno
ai 100 mila euro. Un salasso, che ha spinto l’arcivescovo di Ferrara,
monsignor Luigi Negri, a scrivere una lunga lettera-appello al
presidente del Consiglio Matteo Renzi per contestare la richiesta di
pagamento e sollecitarne l’intervento.
È un vero e proprio allarme
quello sollevato nella missiva, pubblicata anche sul sito web dell’alto
prelato. E nella quale si sottolinea come l’applicazione della tassa,
richiesta anche per gli anni pregressi, da parte del Comune di Ferrara
dopo le sentenze della Cassazione sugli immobili della Chiesa ad uso
commerciale, renderebbe «precaria l’esistenza stessa di molte scuole, a
partire dalle scuole paritarie dell’infanzia». Un tema delicato, perché
si tratta di attività che, se da un lato vengono qualificate come
commerciali dall’altro rappresentano anche un servizio per il
territorio. Per questo, l’arcivescovo si è appellato direttamente alla
coscienza di Renzi, «di cittadino ancor prima che di cristiano», per
promuovere «norme che non lascino margini interpretativi sfavorevoli».
Una
vicenda che, al di là del singolo caso concreto, pone tuttavia una
questione più ampia. Uscire dall’opacità di una normativa sulla materia
che, di fatto, lascia alla giurisprudenza il compito di stabilirne i
criteri di applicazione. Un limite che neppure il passaggio dall’Ici
all’Imu è riuscito a superare. E, come spesso capita, per fare
chiarezza, c’è voluto l’intervento, l’estate scorsa, proprio della Corte
di Cassazione. Intervenuta con una pronuncia, in via definitiva, su un
procedimento avviato dal Comune di Livorno che, nel 2010, aveva
inoltrato avvisi di accertamento per omessa dichiarazione e omesso
pagamento dell’Ici per 420 mila euro (tra Ici 2010-2011 e Imu 2012),
relativi al periodo 2004-2009, a carico di alcuni istituti del
comprensorio. Se in primo e in secondo grado i giudici avevano dato
torto all’amministrazione comunale, respingendo le richieste di
pagamento, la decisione è stata ribaltata dai magistrati del
Palazzaccio. Poiché gli utenti di una scuola paritaria pagano un
corrispettivo per la frequenza (la retta), è il senso della sentenza,
tale attività va considerata di carattere commerciale «senza che a ciò
osti la gestione in perdita».
Insomma, per avere diritto
all’esenzione, non basta la natura non commerciale dell’ente
proprietario né che l’immobile sia destinato esclusivamente ad attività
di valore caritatevole o sociale. È sufficiente, secondo il recente
indirizzo della Suprema Corte, il pagamento di una retta, come nel caso
delle scuole paritarie, per giustificare l’obbligo di versare la tassa.
Anche se la scuola non produce utili e, anzi, dovesse chiudere
l’esercizio in perdita. Un indirizzo rispetto al quale la Chiesa
eccepisce che, retta o non retta, quella svolta dalle scuole paritarie è
comunque un’attività senza fine di lucro. E che ora, per effetto degli
arretrati Ici-Imu, molti istituti potrebbero essere costretti a chiudere
i battenti. A meno di un intervento del legislatore sulla materia che
riscriva le regole in maniera chiara. Lasciando meno spazio
interpretativo alla magistratura.