sabato 21 maggio 2016

La Stampa 21.5.2016
La ginecologa che vuole il reddito di maternità
di Chiara Beria Di Argentine

«Cosa penso di Antinori? Non posso parlare dei singoli casi ma del contesto. A 2 anni dalla famosa sentenza della Corte Costituzionale che ha ammesso la fecondazione eterologa vietando (a differenza di altri Paesi europei) le donazioni a pagamento di gameti (ovuli e spermatozoi) non ci sono donne italiane che offrono spontaneamente i loro ovuli alle donne che non riescono a restare incinte. Siamo a quota zero», dice Alessandra Kustermann, la famosa ginecologa primario della Mangiagalli al Policlinico di Milano.
«Le ragioni del flop? Varie. Premesso che l’eterologa riguarda in maggioranza coppie in cui è la donna sterile sottoporsi a una stimolazione ovarica è un intervento in analgesia (per i maschi, ovvio, è tutto più semplice). La sorellanza? Un conto è la teoria. In questi casi le donatrici affrontano qualcosa d’emotivamente molto profondo: sono tuoi i geni nell’ovocita ma il bambino sarà di un’altra donna. Infine, purtroppo, nell’immaginario collettivo è passata l’idea che a cercare di avere un figlio con la fecondazione eterologa sono donne di 45 anni e più che prima si sono “godute” vita e carriera. Falsità, sapeste quanto dolore! Per alzare un po’ la quota di donatrici bisognerebbe fare una campagna stampa mirata e spiegare come le donne che hanno disperato bisogno di ovulazione sono molto spesso giovani che hanno perso le ovaie a causa di un tumore o perché sono andate in menopausa precoce».
Ospedale di via Commenda. Per capire quanto è cambiato l’universo femminile basta venire in questo luogo non solo simbolico dai tempi della mobilitazione per una legge che non costringesse più le donne ad abortire nella clandestinità o a rifugiarsi in cliniche estere. Un ospedale dove da 20 anni opera anche “SVSDonna Aiuta Donna” che assiste tutte le vittime di violenza sessuale e domestica. «Nel 2015 abbiamo seguito 804 casi, un terzo delle vittime erano minori», sottolinea Kustermann. Tante gioie e infiniti dolori. In quasi 40 anni di professione la ginecologa non aveva mai visto però un caso come quello dell’infermiera spagnola di 24 anni che ha denunciato Severino Antinori. «Lei ha dichiarato che non era consenziente. Dice che non ha venduto i suoi ovociti, le sono stati rubati. Anche questa è violenza di genere». Infatti, l’infermiera dopo il ricovero in Mangiagalli è difesa dalle avvocatesse Francesca Ardizzone e Roberta De Leo che collaborano con SVSDAD. Non solo. Dopo l’arresto di Antinori i carabinieri del Nas hanno sequestrato nella sua clinica Matris 130 ovuli, 60 campioni di liquido seminale e 600 embrioni di oltre 200 coppie e li hanno affidati perché siano conservati proprio alla Mangiagalli. Che tristezza, che insoliti corpi di reato. Ma di chi sono, che fine faranno? In attesa delle decisioni del giudice (caso per caso, alcuni ovociti della infermiera sarebbero stati già fecondati) immaginiamo l’angoscia di coppie che, oltretutto, inseguendo il loro sogno hanno speso molti soldi.
Riflette Kustermann: «In passato decidendo d’interrompere una gravidanza perché non in grado di avere un figlio e ora cercandolo con tenacia il punto è sempre l’autodeterminazione della donna. La scienza medica ha scoperto terapie che aiutano a realizzare il desiderio di maternità e la Corte Costituzionale ha detto che la gravidanza rientra nel diritto alla salute della donna che non è solo fisica ma anche psichica».
Zero donazioni, alti costi per l’eterologa (solo in Toscana, Friuli, Emilia Romagna è a prezzo di ticket), lunghissime liste d’attesa anche per le fecondazioni omologhe. Risultato: business per i centri privati e all’estero(a Modena ha persino aperto una clinica spagnola), rischio di mercato nero. E l’allarme sul crack demografico? «La politica deve trovare soluzioni per esaudire il desiderio iniziale di maternità delle donne che, secondo tutti gli studi, è avere almeno 2 figli. Ma disoccupazione giovanile e la mancanza di interventi di sostegno hanno fatto alzare l’età media al parto a più di 34 anni. Così, tante donne sono finite nella patologia dell’infertilità. Siamo un Paese cattolico solo di nome non di fatto. Il bonus bebè? Non basta. Da donna femminista e di sinistra sono per il reddito di maternità».