La Stampa 20.5.16
La capitale sbandata dove non comanda più nessuno
Roma, la ritirata di Chiesa, palazzinari e partiti. Una campagna senza idee
di Fabio Martini
C’è
un insolito pienone alla «Casa delle imprese», gli artigiani «rossi»
della Cna sono arrivati qui in gran numero per ascoltare la «regazzina
de’ Grillo», Virginia Raggi, che racconta le sue idee su Roma: la platea
ascolta con attenzione e alla fine la maggior parte dei presenti
applaude col pathos di chi sta per rompere un cordone ombelicale che da
decenni lega i piccoli imprenditori della Cna con i partiti della
sinistra che si sono via via avvicendati, dal Pci al Pd. Appena Virginia
Raggi se ne va, dal fondo della sala la voce di un artigiano spiega il
senso di quel che è appena accaduto: «Stiamo conciati così male che
oramai non funziona più il ricatto di quelli che ci vengono a dire che
questi sono inesperti. Se continuiamo con i vecchi partiti, sappiamo già
che è peggio!».
Il passaggio della candidata sindaco dei Cinque
stelle nella sede della Cna di Roma è un evento sfuggito ai radar dei
mass media ma restituisce un elemento importante - l’infarto dei partiti
tradizionali - dentro una delle campagne elettorali più impalpabili del
dopoguerra. Dopo Mafia Capitale si è reso quasi evanescente anche
l’unico partito con un radicamento: il Pd. Racconta Paolo Cento, di
sinistra italiana, da anni uno dei pochi politici di base: «Una campagna
elettorale senza partiti e senza città. Sono scomparse persino le cene
elettorali che negli ultimi 15 anni avevano “canalizzato” la
partecipazione».
I partiti non fanno più il proprio mestiere, ma
tutta la società civile è come se fosse scomparsa. Sostiene Giuseppe De
Rita, romano e tra i più acuti analisti della società italiana:
«L’immagine che meglio fotografa la situazione in cui si trova Roma è
quella usata dal Papa, orfandad, che ha tradotto con “orfanezza”. Roma è
orfana di una classe dirigente». Persino i poteri forti si sono
rarefatti. Nel dopoguerra Roma è stata governata per circa 35 anni dalla
Dc, per 30 dalla sinistra e per 5 dalla destra post-fascista e ogni
volta è stata determinante l’influenza di almeno cinque sistemi di
potere: la Chiesa, i «palazzinari», i commercianti, l’indotto dello
spettacolo (Cinecittà, Rai, coop culturali), il «pubblico». A Roma la
spintarella per centinaia di migliaia di persone è stata decisiva per
avere un posto al sole o anche in retrovia. E non soltanto in Comune o
alla Regione. Ma alla Camera e al Senato. Al Coni e nelle Asl. Nelle
scassate ma accoglienti municipalizzate. Negli ospedali. Nelle
Autorithy. Nelle tre Università. All’Auditorium.
Sistemi in crisi.
Gli ordini dall’alto delle gerarchie ecclesiastiche non funzionano da
anni, ma stavolta siamo alla rarefazione definitiva. Sostiene uno dei
personaggi più longevi di questo mondo come Luigi Bisignani: «Renzi e
Bergoglio sono riusciti a rottamare persino il granitico sistema
cattolico territoriale oramai privo di qualsiasi riferimenti e che non
ha più il potere di indirizzare il voto di chi va a messa». I
«palazzinari» sono in crisi: da anni le case non si vendono più e
Francesco Gaetano Caltagirone, unico potere forte della città, da tempo
diversifica (per esempio nella florida Acea) o cerca fortuna all’estero:
realizzerà la tangenziale di Stoccolma. Persino i mitici tassinari
romani sono divisi e dunque ininfluenti come categoria: un po’ con la
Raggi, un po’ con la Meloni, un po’ con Marchini. E i candidati alla
poltrona di sindaco? «Francamente da parte loro c’era da aspettarsi una
chiamata alle migliori forze intellettuali e produttive della città -
sostiene Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la bellezza, già
direttore del “Messaggero” - invece nulla. Non un’idea, non un
progetto, non un coinvolgimento. In compenso si dibatte il problema
delle buche. Bene, ma solo quello?». Effettivamente nel dibattito la
proposta più nuova è stata un no, quello della Raggi alle Olimpiadi. E
quanto ai big della politica si tengono alla larga: per ora non esiste
neppure una foto del presidente del Consiglio con Roberto Giachetti, il
candidato voluto da Matteo Renzi.