La Stampa 14.5.16
Il Tar cancella la lista Fassina
“La metà dei miei ora si asterrà”
Roma,
ricorso bocciato. Resta il dilemma su quale candidato sostenere “Dissi
che il M5S era meglio del Pd dei palazzinari, ma era solo un’ipotesi”
intervista di Riccardo Barenghi
Alle
otto e quaranta di ieri sera Stefano Fassina risponde al telefono:
«Ancora niente, ancora niente». Purtroppo ci tocca dargliela noi la
notizia: confermata l’esclusione della sua lista. Silenzio. Ancora
silenzio. Poi ripete con voce bassissima: «Ah, confermata...». Ci chiede
qualche minuto di riflessione prima di parlare: «Richiamo io tra dieci
minuti». Eccolo di nuovo, la voce è tornata quella di sempre: «Qualche
speranza ce l’avevamo. Purtroppo ha prevalso il piano formale su quello
sostanziale. Comunque non ci arrendiamo, faremo ricorso al Consiglio di
Stato». Ma anche lui sa benissimo che la partita è praticamente chiusa.
«Certo, è difficile essere ottimisti. Però ci proviamo».
Scusi
Fassina, ma c’è chi dice che gli errori nella presentazione delle vostre
liste che hanno causato l’esclusione non siano casuali ma voluti. C’era
chi nel mondo della vostra sinistra non gradiva la sua candidatura.
«Non
entro in questa discussione. Io mi assumo la responsabilità politica di
quello che è successo. Certo, siamo arrivati all’appuntamento un po’
affaticati e con una discussione al nostro interno perchè c’era chi
aveva altre posizioni e voleva un’alleanza col Pd. Ma da qui a dire che
qualcuno abbia giocato sporco ce ne corre. Io personalmente non lo
penso. Sono sicuro che gli errori siano stati involontari».
Ora i vostri voti sono in libera uscita, quanti sono e dove finiranno secondo lei?
«Una
ricerca dice che il 50 per cento finirà in astensione, un 25 per cento a
Virginia Raggi dei Cinque stelle e un 20 per cento a Roberto
Giachetti».
E lei come voterà?
«Guardi, non lo so e vorrei
che lo decidessimo tutti insieme, a cominciare dall’assemblea che faremo
martedì prossimo con i nostri 400 candidati».
Ma lei non aveva detto a novembre che tra Pd e Cinque stelle avrebbe scelto questi ultimi?
«Intanto
parlavo di un’ipotesi nazionale e non romana, peraltro non ero nemmeno
candidato ancora. Era solo un’ipotesi, magari polemica nei confronti di
Renzi, ma solo un’ipotesi».
Ormai però, almeno a Roma, questa
ipotesi rischia di diventare realtà, il 5 giugno e ancor di più al
ballottaggio. È evidente che adesso i due candidati meno lontani dalla
Sinistra di Fassina faranno qualche mossa per conquistare quegli
elettori (7,5-8 per cento secondo gli ultimi sondaggi) che potrebbe
significare la vittoria. Una volta si chiamavano aperture a sinistra:
lei ci crede, ci spera?
«Io non vedo nei programmi dei miei ex
concorrenti qualcosa che possa avvicinarsi alle nostre idee. Manca
totalmente la questione sociale, che per noi è fondamentale. E poi,
diciamo la verità, lo slogan di Giachetti - “Roma torna Roma” - proprio
non mi convincer. È quella Roma di prima che non ci piace ed proprio per
contrastarla che mi ero candidato».
Quale Roma?
«Quella segnata dalla subalternità agli interessi forti. Parlo di chi ha costruito periferie per poi abbandonarle a se stesse».
I costruttori insomma, altrimenti detti palazzinari?
«Esatto».
A proposito, con Marchini avete rapporti o pensate di averne in futuro?
«Marchini ha fatto una svolta a destra molto preoccupante».
Senta Fassina, si trasformi in osservatore: chi andrà al ballottaggio?
«Molto dipende dall’affluenza, avverto una forte astensione in giro che sarà favorita dalla nostra esclusione».
Si vabbé, ma due candidati comunque ci andranno: secondo lei chi saranno?
«Non mi faccia fare il sondaggista».