La Stampa 13.5.16
Le conseguenze della scelta di Francesco
di Enzo Bianchi
priore di Bose
Una
risposta franca nel corso di un’udienza papale non ha certo
l’autorevolezza di un pronunciamento magisteriale, ma le parole che papa
Francesco ha rivolto ieri a ottocento superiore religiose testimoniano
che di fronte alle sfide pastorali che l’annuncio del Vangelo pone oggi
alla Chiesa è importante che anche sul tema del diaconato femminile non
solo rimanga aperto uno spazio, ma ci si orienti ad affrontare la
questione nel merito.
Da sempre il ruolo e le funzioni del
diaconato all’interno della Chiesa e la conseguente discussione sulla
possibilità o meno dell’accesso ad esso da parte di tutti i battezzati -
e quindi anche delle donne - sono segnate dalla non univoca e definita
posizione della Chiesa primitiva. Vi erano diaconesse nella chiesa
antica in oriente fino al IV secolo - e lo testimoniano i padri fino a
Giovanni Crisostomo - che insieme ai diaconi collaboravano con il
vescovo e i presbiteri: avevano la responsabilità caritativa di
provvedere alle necessità materiali dei poveri, ma avevano anche una
funzione liturgica di assistenza nell’amministrazione del battesimo e
nella catechesi. Tuttavia non c’è accordo tra gli storici se la
«ordinazione» fosse sacramentale o solo funzionale. La progressiva
separazione tra momento assembleare culturale e dimensione conviviale
caritativa assunta dalle celebrazioni liturgiche ha favorito anche una
maggior differenziazione di ruoli e funzioni così che la «diaconia» è
passata a indicare quasi esclusivamente il servizio reso ai poveri e ai
malati nella vita quotidiana.
È per lo meno dagli anni del
concilio che la riflessione di storici, teologi e liturgisti affronta
questo argomento scavando nella tradizione della chiesa primitiva e la
commissione di studio auspicata ieri dal Papa potrà certo avvalersi di
opere articolate provenienti da studiosi delle diverse confessioni
cristiane, stimolate dall’introduzione del diaconato permanente per gli
uomini sposati nella chiesa cattolica e dall’apertura del presbiterato, e
poi dell’episcopato, alle donne nelle Chiese nate dalla riforma
protestante. Se l’argomento ritorna però di attualità non è sotto la
spinta di mode culturali o di adeguamento a una mentalità mondana, bensì
in virtù di una sollecitudine pastorale: il Vangelo per essere
annunciato in tutta la sua freschezza e radicalità deve avvalersi di
linguaggio e stili comprensibili agli uomini e alle donne di oggi e
queste ultime devono trovare nella vita della chiesa luoghi di presenza
non afona ma con l’esercizio di responsabilità che possono competere a
tutti i battezzati.
Oggi le diaconesse non esistono più né nelle
Chiese ortodosse - che discutono se riproporre questo ministero - né
nella Chiesa cattolica, ma solo in alcune Chiese della riforma. E se ci
sono donne impegnate in un servizio ecclesiale - come le collaboratrici
apostoliche diocesane - queste lo sono come da sempre le religiose e le
appartenenti agli istituti secolari.
Ogni volta che si torna
giustamente a parlare del ruolo delle donne nella chiesa ci si dovrebbe
anche interrogare su quale potrebbe essere il percorso di riflessione
più fecondo di conseguenze pratiche: considerare analogie e differenze
tra presbiteri e suore, che vivono il celibato cristiano, oppure quelle
tra sacerdozio universale - conferito a tutti i battezzati, uomini e
donne - e ministero ordinato. Il problema da studiare per un
discernimento sul diaconato femminile è allora quello della sua
compatibilità o meno con l’attuale comprensione dell’ordine sacerdotale
riservato agli uomini secondo tutta la tradizione cattolica.
Se
consideriamo l’insieme delle risposte offerte ieri da papa Francesco
alle religiose su argomenti che hanno spaziato dalla clericalizzazione
alla distinzione tra servizio e servilismo, dalla presenza delle donne
nei luoghi decisionali all’importanza dello sguardo femminile sulle
questioni ecclesiali, possiamo essere certi che la sollecitudine
pastorale di papa Francesco saprà dare un seguito concreto a questa
apertura che, come sovente avviene nella storia, è un riabbeverarsi alle
fonti del cristianesimo, alla Chiesa indivisa.