La Stampa 13.5.16
Dilma sospesa promette battaglia
“Un golpe, non smetterò di lottare”
La presidente ora vuole guidare l’opposizione. Scontri tra la polizia e i suoi sostenitori
Con la caduta della Rousseff, Lula ha perso l’immunità e ora rischia l’arresto
di Emiliano Guanella
«Posso
avere commesso degli errori, ma mai dei crimini; non immaginavo a
questo punto della mia vita che sarebbe stato necessario lottare di
nuovo per la democrazia nel nostro Paese». Dilma Rousseff ha dato
l’ultima conferenza stampa circondata dai suoi ministri, alcuni dei
quali a stento trattenevano le lacrime. Poche ore dopo l’interminabile
sessione del Senato che ha deciso la sua sospensione e messa in stato
d’accusa, la Presidente lascia il palazzo del Planalto con l’aria della
guerriera ferita, pronta, però, ad affrontare nuove battaglie. «Il
destino mi ha riservato molte sfide, ho provato il dolore sordo della
tortura, quello eterno della perdita di un persona cara, ma adesso sto
sentendo un dolore più forte di tutti, quello per l’ingiustizia; mi
sento la vittima di una farsa giuridica e politica».
I giochi,
ormai sono fatti, Dilma lascia il Brasile alla guida del vice Michel
Temer, che diventa presidente ad interim in un difficile momento
economico e istituzionale. Il processo al quale sarà sottoposta in
Senato potrà durare fino a sei mesi e si preannuncia difficile; ieri
notte i voti contro di lei sono stati 55 su 81, sono andati cioè oltre i
due terzi che servirebbero per condannarla in via definitiva. Dilma è
teatralmente scesa dalla rampa del Palazzo per salutare la folla, circa
duemila militanti del Partito dei Lavoratori che si sono scontrati con
la polizia. Ha voluto parlare anche lì, per l’importanza di tenere
l’ultimo discorso tra la gente.
«La democrazia è il lato giusto
della storia, io non smetterò mai di lottare». Ha ricordato che sotto il
suo governo sono state permesse manifestazioni di ogni tipo, comprese
le tante giornate di mobilitazione per chiedere la sua destituzione. «Il
nuovo governo viene con uno spirito autoritario, c’è il rischio di
repressione dei movimenti sociali e delle lotte del popolo». Alla lotta
quindi, non era un caso che a suo fianco c’era Lula Da Silva, che a
questo punto perde qualsiasi possibilità di avere un’immunità
ministeriale e dovrà affrontare i giudici della procura di Curitiba, che
lo hanno indagato nell’ambito dell’inchiesta Petrobras.
Il Pt
(Partito dei lavoratori) ha sbagliato molto come governo, adesso deve
dimostrare che sa ancora fare opposizione. Su diversi fronti;
«difendere» Lula, attaccare le misure economiche di Temer, soprattutto
se toccherà le pensioni o i programmi assistenziali, preparare il
prossimo appuntamento elettorale, il voto amministrativo di ottobre.
Nel
Parlamento, nel frattempo, è tempo di grandi manovre; tutti salgono
sulla barca di Temer, ma facendo attenzione alla possibilità di
scendere, non appena le cose si mettano male. Di sicuro, oggi, in
Brasile non c’è nulla. Nel giorno drammatico del cambio di governo è
arrivata un’altra notizia bomba; la Corte Suprema ha autorizzato
l’apertura delle indagini sul senatore Aecio Neves, leader
dell’opposizione, candidato presidenziale sconfitto (per poco) da Dilma
nel 2014. Neves è accusato di far parte di una schema di corruzione
legato all’impresa elettrica statale Furnas, schema che sarebbe
continuato anche durante il governo del Pt.
La lista di notabili
citati dagli oltre cinquanta pentiti che stanno collaborando con la
giustizia è lunga e in prima fila c’è il Pmdb di Temer; dopo aver
contribuito alla caduta del governo Dilma, la Mani Pulite brasiliana
potrebbe ora allargarsi anche agli altri partiti. A quel punto,
impeachment o no, a Brasilia non si salverebbe quasi nessuno.