La Stampa 13.5.16
I prossimi traguardi delle libertà
di Massimo Russo
Sappiamo
tutto della differenza tra i tassi di interesse dei titoli di Stato
italiani e quelli degli altri vicini europei. Misuriamo ogni variazione
del debito e del prodotto interno lordo. È ora di guardare con la stessa
attenzione a un altro spread, quello dei diritti.
È bello dirlo
subito dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili. Proprio
quando è stato raggiunto un risultato è importante guardare alla tappa
successiva.
Serve a spostare ogni giorno più in là la frontiera di
quel che ci rende individui liberi e responsabili. Mettiamoli in fila, i
prossimi traguardi. A cominciare da una legge sul fine vita. A dieci
anni dal caso di Piergiorgio Welby, a sette dalla vicenda di Eluana
Englaro, siamo pronti per abbattere il tabù che ancora ci impedisce,
rubando le parole a Emma Bonino, «di vivere liberi fino alla fine». In
Europa solo Irlanda, Polonia e Paesi balcanici non hanno una normativa
che permetta all’individuo di disporre di sé. Si tratti di eutanasia
passiva (nella grande maggioranza degli Stati), attiva (nei Paesi
Bassi), o di suicidio assistito (in Svizzera). Oltre il 60% degli
italiani si è già espresso a favore: come sempre accade su questi temi,
la società è più avanti del legislatore. È ora di sancire per legge quel
che la tacita ipocrisia che accomuna medici e famiglie già prevede da
tempo in reparto, come chiunque di noi ne abbia avuto esperienza ha
potuto toccare con mano. Dal marzo scorso un testo è incardinato a
Montecitorio. È il momento di farlo camminare.
Dalla Camera al
Senato, dal termine della vita al suo inizio: lo ius soli, ovvero la
concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia, è fermo a Palazzo
Madama. Per i Paesi dove vige da tempo, come gli Stati Uniti, si tratta
di una delle spinte più forti e di maggior successo all’integrazione
degli immigrati. Parte determinante dell’idea che ognuno abbia diritto
alla ricerca della propria felicità. E se pensate che questo sia un
concetto buono per l’altra sponda dell’Atlantico siete fuori strada,
perché il primo ad esprimerlo fu un filosofo napoletano del ’700,
Gaetano Filangieri. Da lui lo riprese Benjamin Franklin per inserirlo
nella dichiarazione di indipendenza americana.
Da rivedere è anche
la disciplina delle adozioni, a cominciare dalla cattiva gestione che
dilata i tempi e fa attendere anni le coppie che abbiano già ricevuto il
decreto di idoneità, per continuare con la necessità di semplificare il
percorso a ostacoli delle procedure internazionali, e terminare con la
facoltà di adottare, da parte dei gay, il figlio del partner, stralciata
per ora dalle unioni.
Ci sono altre norme di civiltà che chiamano
la politica a schierarsi, scardinando le tradizionali divisioni tra
partiti: la regolamentazione dell’uso delle droghe leggere, presentata
alla Camera l’estate scorsa da 220 parlamentari di diversi schieramenti;
i femminicidi, con la dichiarazione automatica di indegnità a succedere
per un uomo che ammazzi la madre dei suoi figli; la legge contro
l’omofobia.
Tuttavia, bisogna aver chiaro che la gazzetta
ufficiale da sola non basta. Non esiste legge più potente della
coscienza civile, della cultura e dei comportamenti individuali di
rispetto, che chiamano in causa tutti noi ogni giorno.
Un’agenda
dei diritti. È questa la vera identità di un Occidente smarrito e
timoroso. Il nostro pensiero forte, l’antidoto migliore contro fanatici e
integralisti. Con il Pil dei diritti e della responsabilità non ci sono
sconfitti, né perdenti. Guadagniamo tutti, nessuno escluso, senza
paura. Per ritrovare la passione e ricordarci, che - oltre ai conti e
alla sicurezza - sono anche altre le ragioni che ci tengono insieme.