Internazionale 1151 | 29.4.16
La verità sui ragazzi di Iguala
The New York Times, Stati Uniti
Nel
dicembre del 2014 il presidente messicano Enrique Peña Nieto visitò
Iguala, dove alcuni mesi prima 43 studenti diretti a una manifestazione a
Città del Messico erano scomparsi in circostanze poco chiare. “Facciamo
un passo avanti”, dichiarò Nieto. Forse si illudeva di poter voltare
pagina su un episodio che aveva scandalizzato il paese, mentre il suo
governo non sapeva dire chi avesse commesso quel crimine e perché.
Qualche settimana prima, cedendo alle manifestazioni e alle pressioni
della comunità internazionale, Nieto aveva accettato l’avvio di
un’indagine da parte del Gruppo interdisciplinare di esperti
indipendenti (Giei), nominato dalla Commissione interamericana sui
diritti umani. Intervistando i testimoni e analizzando le prove, gli
esperti hanno ottenuto informazioni che smentivano la versione del
governo messicano , secondo cui gli studenti sono stati uccisi e
bruciati in una discarica da agenti della polizia locale collusi con il
cartello dei Guerreros unidos. A settembre del 2015 il Giei ha
pubblicato un rapporto secondo cui alcuni testimoni hanno notato agenti
della polizia federale e soldati sul luogo del rapimento. L’indagine ha
inoltre escluso che nella discarica ci sia stato un rogo abbastanza
grande da bruciare 43 cadaveri. Invece di riconoscere quelle
conclusioni, il governo ha ignorato le richieste d’informazioni e ha
ostacolato l’accesso ai testimoni. Quando sulla stampa messicana sono
apparsi articoli che denigravano due esperte, il Giei ha sospettato una
campagna difamatoria sostenuta dal governo. Il secondo rapporto,
pubblicato il 24 aprile 2016, non chiarisce cos’è successo agli
studenti, ma è un atto d’accusa nei confronti del sistema giudiziario
messicano. Il rapporto sottolinea che la versione uiciale si basa su
testimonianze ottenute con la tortura e critica gli investigatori
messicani per non aver seguito alcune piste e non aver riconsiderato
alcune conclusioni alla luce delle nuove prove. Questo raforza l’ipotesi
che la polizia federale abbia partecipato al crimine per poi cercare di
coprire le tracce. Gli esperti del Giei hanno tenuto una conferenza
stampa a Città del Messico prima di lasciare il paese: il loro mandato è
in scadenza e il governo non intende rinnovarlo. Alla conferenza i
parenti delle vittime hanno gridato in coro: “Non andate via!”. Nessun
rappresentante del governo si è degnato di presentarsi. Questo la dice
lunga sulle intenzioni dell’esecutivo di riformare le istituzioni
giudiziarie e superare la propria indiferenza nei confronti dei
cittadini. uas