il manifesto 17.5.16
Come riformare la ragione scientifica per non ridursi a una medicina senza qualità
di Ivan Cavicchi
La
medicina oggi dispone di mezzi e di conoscenze che non ha mai avuto
prima ma la sua ragione scientifica è inadeguata rispetto alle nuove
complessità rappresentate dal malato, dalla società e dall’economia.
Essa è potente perché vince la morte evitabile, regressiva perché
comprende la malattia ma non l’uomo malato, dispendiosa perché curare
costa. Complessità, regressività e dispendiosità.
Eppure sino ad
ora niente è stato capace di affrontare i problemi della medicina
mettendo insieme queste tre parole. Le medical humanities hanno tentato
di intervenire sulla regressività ma trascurando i problemi della
complessità e ignorando quelli della dispendiosità. La medicina
amministrata nelle sue varie forme (il manifesto del 21 aprile 2016) sta
tentando di intervenire sulla dispendiosità, ma ignorando complessità e
regressività.
Le deontologie sono senza alcuna eccezione del tutto spiazzate rispetto a tutte e tre le cose.
L’università
è prigioniera di una vecchia idea positivista di scienza per cui ignora
il concetto di complessità, snobba il problema della dispendiosità, e
riduce la regressività ad una idea solo di aggiornamento scientifico.
Per la medicina il nostro tempo non ha un pensiero riformatore.
L’unico
modo per rendere la medicina adeguata al nostro tempo è ripensare la
sua ragione scientifica cioè il suo modo di conoscere di ragionare e di
fare. Semplicemente medici più capaci.
Mai come in questo momento
la sanità è piena di predicatori, precettori, redentori che vogliono
ragionare per conto del medico, tutti a dirgli come deve curare il suo
malato. La ragione medica per costoro non è in discussione e il problema
non sono i ragionamenti ma i comportamenti scorretti.
Ritenere
che la razionalità scientifica della medicina sia immune da aporie è il
più grosso imbroglio del nostro tempo, il più detestabile segno di
ignoranza, di presunzione e di pigrizia intellettuale. Senza scomodare
il dibattito sulla scienza che ha caratterizzato il ’900, per capire le
sue insufficienze basta confrontarla con i problemi del nostro tempo.
Molti
costi eccessivi della medicina derivano dalla sua regressività
culturale e gran parte di questa regressività è causata da visioni
riduttive e dall’incapacità di conoscere la complessità attraverso le
relazioni. Per cui quelli che i più considerano dei comportamenti
scorretti più verosimilmente andrebbero considerati, comportamenti
inadeguati perché dettati da razionalità scientifiche insufficienti.
Condotte professionali disoneste a parte.
Oggi se la medicina non
si riforma rischiamo di perderla nel senso che potrebbe ridursi a un
prontuario di regole standard da seguire. Cioè una medicina senza
qualità.
Un malato è complesso per definizione, è un mondo a molti
mondi, uno dei quali è la sua malattia che a sua volta è un mondo
biologico a tanti mondi biologici , quindi egli è fatto da generi
diversi di evidenze biologiche para biologiche e di altro tipo.
La
medicina deve riconsiderare la sua vecchia idea statistica di evidenza,
imparare a ragionare con più generi di evidenze quindi a metterle
d’accordo perché tutte sono in qualche modo falsificabili e alla fine
usarle nelle premesse del suo ragionamento.
Se la complessità non è
nella premessa clinica il malato resta un organo e una malattia e
l’unica evidenza che decide è quella biometrica.
Un malato è
sempre singolare da ogni punto di vista per cui tutte le evidenze
scientifiche vanno verificate empiricamente con tale singolarità. E’
tutt’altro che infrequente che la verità empirica smentisca quella
scientifica per questo la medicina deve imparare ad essere meno
convenzionale e più pragmatica perché quello che conta non è l’ossequio
ottuso alle meta analisi epidemiologiche ma il conseguimento efficace di
un risultato clinico. Esistono evidenze senza verità che impongono al
medico di navigare a vista confidando sul suo intuito e sulla sua
esperienza.
La clinica deve imparare ad andare oltre ciò che
osservabile, oltre i fatti misurabili, primo perché non tutto è
misurabile secondo perché il malato non è tutto osservabile. C’è un
malato reale che può essere solo asserito.
Non si tratta di usare
la stessa logica ipotetica deduttiva per tutti i malati ma di ricavare
dalla singolarità dei malati la logica più adatta. Le logiche di cui la
clinica può servirsi sono molteplici: pratico-deduttive, pragmatiche,
polivalenti, fuzzy, modali, abduttive. Nella complessità si ragiona di
più non di meno.
La clinica deve anche imparare a verificare le
sue ipotesi con più criteri (plausibilità, ottimalità epistemica,
accettabilità razionale, convenienza situazionale, esclusione
dell’assurdo ecc) ma soprattutto deve misurarsi con il risultato.
La
medicina deve avere coscienza degli effetti economici delle sue scelte
quindi niente sprechi, errori e fallace. Bisogna essere più bravi, non
più amministrati.
Quindi sì ad un’altra ragione medica, no al protocol doctor.