il manifesto 11.5.16
Proibito viaggiare a Omar Barghouti
Israele/Palestina.
Il ministero dell'interno non rinnova il lasciapassare all'opinionista
palestinese, tra i fondatori della campagna di boicottaggio di Israele. A
Barghouti potrebbe essere revocato il permesso di risiedere con la sua
famiglia a San Giovanni d'Acri
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Alle minacce, formulate a fine marzo da più di un ministro israeliano
durante la conferenza «Stop Bds» a Gerusalemme, sono seguiti i fatti. Il
ministero dell’interno ha rifiutato di rinnovare i documenti di viaggio
dell’opinionista e attivista palestinese Omar Barghouti, uno dei
fondatori della Campagna per il boicottaggio accademico e culturale di
Israele (Pacbi) e del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e
sanzioni (Bds). Contro il Bds e la Pacbi, che promuovono il boicottaggio
a più livelli di Israele in risposta alla negazione dei diritti dei
palestinesi, il governo Netanyahu ha avviato negli ultimi mesi una
offensiva che prende di mira gruppi ed individui considerati “ostili”,
anche in Israele. Barghouti, che viaggia spesso l’estero per partecipare
a conferenze e attività del Bds, da oltre un mese non può lasciare il
paese per decisione del ministro dell’interno Arye Deri. Alla conferenza
«Stop Bds» Deri aveva annunciato l’intenzione di revocare la residenza
di Omar Barghouti che abita a San Giovanni d’Acri, nel nord di Israele,
dove l’attivista vive con la moglie, una palestinese con cittadinanza
israeliana, e le figlie. Barghouti, sostiene Deri, trascorrerebbe gran
parte del suo tempo a Ramallah, nei Territori palestinesi occupati, e
pertanto non ha diritto alla residenza in Israele.
Il mancato
rinnovo dei documenti di viaggio – Barghouti non ha il passaporto
israeliano e per andare all’estero ha bisogno di un laissez-passer, un
lasciapassare – e la probabile, a questo punto, revoca della residenza,
rientrano nella sfera di quelle «esecuzioni mirate civili» ipotizzate
alla conferenza di fine marzo dal ministro dell’intelligence Israel
Katz, ossia l’adozione di misure volte ad annullare i diritti e la
libertà di movimento dei promotori del Bds. Il ministro Deri da parte
sua arrivò ad affermare che il movimento Bds vuole distruggere Israele e
che Omar Barghouti non sarebbe per Israele meno pericoloso di Hezbollah
o dell’ayatollah Khameini. Gli attivisti del boicottaggio, aggiunse,
vanno trattati come terroristi. «Il rifiuto di rinnovare il mio
documento di viaggio è chiaramente politico», ha protestato Barghouti
«non solo nega la mia libertà di movimento ma è il primo passo verso la
revoca della mia residenza permanente, una misura chiaramente politica e
vendicativa che non ha alcuna base legale».
Il Bds usa mezzi non
violenti per promuovere il boicottaggio di Israele e porre fine
all’occupazione. In questi ultimi anni ha ottenuto successi
significativi che hanno fatto scattare l’allarme ai vertici della
politica israeliana: dall’adesione di sindacati britannici alle prese di
posizione di consigli studenteschi, dalla partecipazione di centinaia
di accademici fino alla sospensione in diversi Paesi di contratti con
importanti imprese israeliane. Alcune Chiese hanno adottato forme di Bds
e diverse pop e rock star internazionali hanno annullato i loro
concerti a Tel Aviv. Gli attivisti del Bds inoltre sollecitano a non
acquistare prodotti israeliani, in particolare quelli provenienti dalle
colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata. Nei mesi scorsi centinaia
di docenti italiani hanno firmato una petizione contro l’università di
Haifa “Technion” che accusano di partecipare attivamente alla produzione
di armi poi usate contro i palestinesi.
Per Tel Aviv gli
obiettivi del movimento Bds non sarebbero realmente pacifici poichè
prevedono anche il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e dei
loro discendenti (sancito da una risoluzione delle Nazioni Unite, la
194) nella loro terra d’origine dalla quale furono cacciati via o
costretti a fuggire nel 1948. Un diritto che se realizzato, affermano
tutti i leader politici israeliani, significherebbe la fine di Israele
come Stato ebraico. Così come aveva fatto a fine marzo, Omar Barghouti,
anche in questa occasione ha ribadito «di non avere alcuna intenzione di
interrompere il suo impegno per i diritti umani e per i diritti dei
palestinesi».