sabato 7 maggio 2016

Corriere 7.5.16
«Il nuovo garantismo in Italia? È solo un’élite che pensa al potere»
di Fabrizio Roncone

L’ex ministro socialista Formica: Il Pd neanche sapeva delle indagini
ROMA Con la sua celebre erre: «Le dirò: la politica, oggi, non è più sangue e merda. È molto peggio».
(La troupe di Rai Storia ha salutato poco fa. Lo hanno intervistato su Turati, Nenni e Craxi. Rino Formica — 89 anni, più volte ministro socialista ma, al cospetto del capo, sempre capace di sfoggiare autonomia intellettuale: «Il convento è povero, i monaci sono ricchi» — parla del passato e osserva il presente).
«Ho capito che lei preferirebbe partire dai plotoni dei nuovi garantisti, quelli che occupano le pagine di molti giornali e le piazze dei social network: ma temo sia inevitabile invece cominciare con Matteo Renzi...».
A chi gli parla di complotto, Renzi risponde: «Complotto de che?».
«Bleffa. È preoccupato. E molto. Ma non so fino a che punto comprenda di aver commesso un gigantesco errore strategico».
Che sarebbe?
«Non aver saputo governare e alimentare il dibattito politico all’interno del suo partito. Ha preferito soffocare, piegare, umiliare. Ha presente cosa accade durante le direzioni del Pd?».
A volte, forse, sono un filo ruvide.
«Macché ruvide! Peggio! Renzi parla ai suoi con un’ironia sfacciata che cela, in realtà, un disprezzo totale. Convinto d’essere diventato il capo assoluto, ha però finito per trascurare un terribile dettaglio: il dissenso, prima o poi, trova sempre altri canali di attacco».
Continui.
«Beh, è chiaro: a questo punto non c’è dubbio che un pezzo grande della minoranza del Pd, a lungo umiliata, veda nelle disgrazie giudiziarie del partito un ghiotto elemento di vendetta e dimostri quasi riconoscenza a certi giudici...».
Però agguerriti plotoni di garantisti, come li definitiva lei prima, già sbarrano la strada ai magistrati.
«Sì: vedo, leggo. Ma è un garantismo di élite. Sono le avanguardie del renzismo che pregustavano la spartizione del potere, la bambagia del comando, il successo politico ed economico e che invece, osservando il lavoro della magistratura, annusano il pericolo di dover rendere conto, prima del previsto, delle loro arroganze».
Garantismo di élite, interessante.
«O blocchi di potere, trovi lei la definizione più giusta. Comunque si tratta di difese disperate e inutili».
Il garantismo non è mai inutile.
«In Italia, purtroppo, sì. Perché la politica ha da tempo perso la partita con la magistratura. Vogliamo ricordare le parole pronunciate pochi giorni fa da Piercamillo Davigo, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati?».
Più o meno, ha detto così: «I politici continuano a rubare e senza vergognarsi nemmeno un po’».
«Ecco, appunto: Davigo parla come un Ayatollah. Perché no, dico: secondo la Costituzione, il magistrato deve rispondere solo alla legge, e la legge non può essere soggetta a interpretazioni. Farlo, significa appunto comportarsi da leader religioso. Guardi che il crinale è pericolosissimo ma percorrerlo, per Davigo, è del tutto consequenziale, quasi inevitabile».
Questa è un’affermazione grave.
«Grave, però comprensibile. Sa da quali componenti è formato il Csm? Due terzi magistrati, un terzo laici. Questa è la radice del male. Uno squilibrio gigantesco che ha tenuto finché hanno tenuto i partiti. Poi, quando alla fine degli anni Ottanta i partiti hanno cominciato a frantumarsi, ecco che la politica si è indebolita e la magistratura è divenuta detentrice del potere delle manette. I giudici, da vent’anni, e ogni anno di più, si sentono investiti di un ruolo preciso: pensano d’essere i guardiani dell’onestà. Così, quando Davigo, ragionando da Ayatollah, dice d’essere convinto che il sistema politico è un sistema criminale, come quello mafioso o quello terroristico, che infetta e mina il Paese, io non escludo che, per bonificarlo, pensi anche di doverne assumere tutto il controllo».
Scenario piuttosto azzardato.
«Io direi tragicamente plausibile».
Comunque è un dato oggettivo che dopo le dichiarazioni di Davigo, il presidente del Pd campano, Stefano Graziano, è stato indagato, e il sindaco di Lodi, Simone Uggetti, è finito in carcere.
«Le indagini erano avviate da tempo. Ma, certo, può esserci stata un’accelerazione. Detto questo, ciò che spiega plasticamente la debolezza della politica è che il Pd fosse all’oscuro di tutto».
Già. Perché i partiti dovrebbero sapere che...
«E certo! Di un’inchiesta sono a conoscenza decine di persone. Il Pd invece cade dal pero e dimostra che è un partito inesistente, che ha smarrito la capacità di ascolto, privo di sensori...».