Corriere 22.5.16
Trump promette ma non manterrà
di Alberto Alesina
Pare
proprio che sarà Donald Trump il candidato repubblicano alle elezioni
presidenziali americane: un disastro per il «suo» partito, caduto nel
caos, e un disastro per gli Stati Uniti e il resto del mondo, nel caso
(per fortuna improbabile) vincesse.
Ma che cosa si propone di fare
il candidato Trump per l’economia americana? Promette tre cose,
principalmente. La prima: rinegoziare tutti i trattati internazionali di
commercio, minacciando l’introduzione di tariffe proibitive contro chi
non sia d’accordo con lui; aprire una guerra commerciale con la Cina
ritenuta una delle cause principali delle difficoltà dell’economia Usa;
un atteggiamento più aggressivo anche verso l’Europa. L’evidenza storica
che il ritorno al protezionismo, che seguì il crollo finanziario del
1929, generò la Grande Depressione pare non gli interessi minimamente:
il dubbio non lo sfiora neppure. Le politiche commerciali di Trump
ridurrebbero la crescita non solo in America ma in tutto il mondo.
La
seconda cosa: il suo piano fiscale sembra voler riscrivere le leggi
dell’aritmetica. Trump dichiara di voler ridurre enormemente il grosso
debito pubblico americano, addirittura - promise - portandolo a zero in
otto anni. Ecco come: tagliando di molto le imposte, senza nel frattempo
intervenire sulla spesa assistenziale. E come riuscirebbe Trump a
realizzare questo miracolo? Con un aumento vertiginoso della crescita (a
tassi che nessun serio economista prevede possibili anche con tagli di
imposte) e con più efficienza nella gestione della spesa, ovvero pagando
meno per lavori pubblici e beni pubblici. Ovviamente tutto ciò senza
limitare i progetti per le infrastrutture, anzi addirittura
aumentandoli. La verità è che il debito pubblico americano non scenderà
senza una profonda riforma delle pensioni e dell’assistenza sanitaria
completamente gratuita per gli anziani, ma di questo nei suoi discorsi
non c’è traccia. In pratica Trump dice agli americani di non fidarsi né
dell’aritmetica né delle leggi dell’economia: perché lui le riscriverà
entrambe.
La terza e ultima promessa: il blocco quasi totale
dell’immigrazione, grazie alla costruzione di muri e al divieto di
ingresso negli Stati Uniti per i musulmani. Annuncia anche restrizioni
sui visti per immigrati ad alto livello di istruzione. La rozzezza delle
sue posizioni su questo tema delicato è straordinaria. Gli Stati Uniti
sono diventati quello che sono grazie ai flussi migratori da ogni parte
del mondo.
L a domanda a questo punto è: come può un candidato
simile trovare tanti elettori favorevoli ai suoi programmi? Gli
americani si preoccupano (forse fin troppo) per la riduzione permanente
della crescita e per la stagnazione dei redditi medi. Per questo sono
ansiosi di credere nei miracoli alla Trump — e dare la colpa alla Cina è
un utile diversivo. Temono un debito pubblico fuori controllo ed è
un’illusione potente sentirsi dire che lo si può far arretrare senza
tagliare. Sono stufi degli eccessi del politicamente corretto nel
dibattito pubblico e in questo senso le gaffes di Trump danno sollievo. A
torto o a ragione (non è il mio campo), molti criticano Obama per aver
animato una politica estera indecisa e debole. E infine: Trump
rappresenta l’anti politica e una insofferenza per i politici
tradizionali si va diffondendo sia in Europa sia Oltreoceano.
Sono
motivi sufficientemente validi per votare Trump? A mio parere no e
credo (spero) che non vincerà le elezioni di novembre. Certo che se il
partito democratico avesse scelto un candidato più popolare, più sincero
e dunque affidabile di Hillary Clinton sarei più tranquillo.