Corriere 22.5.16
Nei palazzoni di Karl Marx dove la sirena populista seduce anche il proletariato
Il quartiere simbolo della sinistra vota per gli xenofobi
di Danilo Taino
VIENNA
«L’Austria è un piccolo mondo nel quale il grande fa la prova», diceva
la scrittrice Marie von Ebner-Eschenbach. Questa sera, più di cent’anni
dopo, scopriremo se è ancora così, se il Paese non si esaurisce nella
brochure degli uffici del turismo: Vienna, Salisburgo, sci, pascoli
sereni e laghetti alpini. Se invece all’improvviso fa politica e intende
essere un laboratorio per il resto d’Europa. Laboratorio per portare la
destra estrema nelle istituzioni e, poi, forse, nelle stanze dei
bottoni.
Se Norbert Hofer, 45 anni, diventerà presidente, nei
prossimi giorni non sarà solo che il Partito della Libertà Fpö — contro
gli immigrati, contro la Ue, contro l’America — entra nell’Hofburg, a
Vienna; sarà che, per la prima volta in Europa, un movimento politico
fondato 60 anni fa da ex nazisti (e poi evoluto) conquista la massima
istituzione. Una rottura da scrivere nei libri di storia.
Ieri,
militanti dell’Fpö regalavano palloncini blu, il colore del partito,
davanti al portentoso Karl-Marx-Hof. L’enorme costruzione di alloggi
popolari, lunga più di un chilometro, nel Nord della città, è l’eroe
proletario che racconta un secolo di Austria. Costruito dal governo
socialdemocratico della Vienna Rossa negli Anni Venti, era il trionfo
della classe operaia organizzata, che viveva unita, condivideva la
lavanderia e l’asilo, dominava la politica. Ieri sera, i militanti di
estrema destra dicevano che, secondo i loro calcoli, il 50% di chi vive
nel Karl-Marx-Hof il 24 aprile, primo turno delle elezioni
presidenziali, ha votato per Hofer. E che il suo avversario di oggi al
ballottaggio, Alexander Van der Bellen, 72 anni, non ha speranze: tra
quei muri di storia popolare, un verde non può vincere, assicuravano.
È
probabile che sia così. All’improvviso, l’equilibrio sociale e politico
che ha dato forma all’Austria del secondo dopoguerra è svanito. L’Fpö
che al primo turno guadagna il 35% dei voti e che forse stasera
conquista la presidenza è la rivelazione di un mondo finito.
Probabilmente da molti anni: oggi si fanno i conti. Occorre però
chiedersi cosa sia davvero questa rivelazione. È che gli austriaci negli
Anni Settanta del secolo scorso votavano per l’80% socialdemocratico
(Spö) o cristiano-democratico (Övp), i due grandi partiti popolari, e
oggi sono diventati di estrema destra? Oppure è che il sistema che ha
tenuto in piedi la politica austriaca dal dopoguerra è franato, come
rischia di franare in altri Paesi europei?
«Siamo noi il nuovo
partito popolare», dice Heinz-Christian Strache, il presidente dell’Fpö,
la faccia dura e sbrigativa del partito, mentre Hofer si presenta
morbido e rassicurante. E forse è così: un mese fa, Spö e Övp, che sono
al governo assieme, hanno raccolto, sommati, meno del 23% dei voti.
«Erosione», si dice in questi giorni a Vienna: più probabile che sia un
vero crollo che impedirà loro di governare anche in Grande Coalizione e
li potrebbe costringere, dopo le prossime elezioni politiche, al più
tardi nel 2018, ad allearsi con l’Fpö.
Il blocco sociale del
vecchio Karl-Marx-Hof non c’è più. Il proletariato che aveva creato la
base della Vienna socialdemocratica e viveva in una certa armonia con la
media borghesia cattolica non è scomparso solo nei numeri. È svanita la
sua leadership culturale e politica. Partito popolare significava di
massa e rappresentativo di interessi e di progresso.
Oggi, con il
vecchio blocco sociale sgretolato, popolare vuole dire confuso,
spaventato da immigrati e globalizzazione, semplicemente povero, senza
ideali ma con tante paure. Un mondo nuovo che l’estrema destra ha capito
e al quale dà risposte semplificate, populiste, xenofobe ma che per ora
fanno presa. I vecchi dinosauri sembrano invece sbigottiti.
Dopo
il primo turno presidenziale del 24 aprile, il cancelliere (premier) in
carica, il socialdemocratico Werner Faymann, si è dimesso. Il suo posto è
stato preso da Christian Kern, anch’egli dell’Spö. La prima cosa che
Kern ha detto: «Se non capiamo che questa è la nostra ultima occasione, i
due grandi partiti spariranno; se continuiamo così, abbiamo solo pochi
mesi prima di avere perso completamente la fiducia del popolo». Si
riferisce al fatto che Spö e Övp non sono in grado di esprimere alcuna
politica nuova, dopo decenni di gestione clientelare del potere, di
corruzione, di favori agli amici. Si riferisce al fatto che gli elettori
non sono diventati all’improvviso di estrema destra: hanno solo visto
crollare il vecchio mondo e notato che esso si trascina i partiti del
passato.
In questi giorni, socialdemocratici e popolari si
domandano se faranno bene a collaborare in un non lontanissimo governo
con l’estrema destra, se stasera Hofer vincerà. O se sia meglio starne
lontani. Domanda ottimista: chiunque vinca, le carte ormai non le danno
loro. Il resto d’Europa guarda, si chiede se questo «piccolo mondo» sia
anche il suo futuro.
@danilotaino