giovedì 19 maggio 2016

Corriere 19.5.16
Gli ebrei tedeschi. Pregiudizi di sinistra
risponde Sergio Romano

Vorrei una sua opinione sulle vicende che scuotono il partito laburista britannico. Dopo la sospensione di una deputata per propositi antisemiti, nel mirino del segretario Jeremy Corbyn c’è anche l’ex sindaco di Londra. Ken Livingstone è stato sospeso dal partito dopo la sua inappropriata affermazione che alludeva al presunto sostegno di Hitler al movimento sionista «prima che diventasse pazzo e uccidesse 6 milioni di ebrei». Forse Livingstone intendeva altro ma è storicamente provato che tra nazismo e sionismo ci furono rapporti e pure un accordo. Nell’agosto 1933 venne siglato l’accordo di Haavara (Transfer Agreement) tra Hitler e gli esponenti del movimento sionista con la finalità di favorire l’emigrazione verso la Palestina di migliaia di ebrei tedeschi (depredandoli dei loro averi). Medesima finalità aveva Adolf Eichmann quando nel 1937 si recò in Palestina per incontrare il capo dell’Haganah Feivel Polkes per trovare una soluzione alla questione ebraica. Allora perché Corbyn vuol negare i fatti storici? Per quanto lodevole, l’attuale approccio «zero tolleranza verso l’antisemitismo» di Corbyn stride con le sue passate prese di posizione a favore dei leader di Hamas definiti nientemeno che amici.
Patrizia Feletig patfeletig@gmail.com
Cara Signora,
A ccanto all’antisemitismo di destra esiste anche un antisemitismo di sinistra. Mentre il primo coltiva per gli ebrei un odio nazional-religioso, il secondo li considera rappresentanti di un capitalismo particolarmente rapace e spietato. Non è sorprendente, quindi, che anche nella sinistra britannica appaiano occasionalmente tracce di antichi pregiudizi.
Vi è certamente un pregiudizio nella maliziosa importanza che qualcuno attribuisce agli accordi di trasferimento firmati nel 1933 dalle autorità tedesche con la Federazione sionista della Germania e altre rappresentanze dell’ebraismo palestinese. Giunto al potere nel gennaio di quell’anno, Hitler voleva fare ciò che aveva ripetutamente promesso nei suoi discorsi pubblici: cacciare gli ebrei dalla Germania. Vi furono intimidazioni e prevaricazioni, ma un tale obiettivo, in quelle circostanze, non poteva essere raggiunto con la violenza di cui Hitler avrebbe fatto uso dopo l’invasione dell’Unione Sovietica nel giugno del 1941. La soluzione adottata dal regime nazista fu quella di concedere il permesso di partenza a coloro che avrebbero rinunciato «temporaneamente» a tutti i loro beni. Mentre le proprietà immobiliari erano irrimediabilmente perdute, una parte del denaro, trasformato in merci tedesche da esportare in Palestina, sarebbe stato accreditato ai proprietari dopo il loro arrivo nella Terra promessa.
Fu una confisca mascherata, ma le organizzazioni sioniste videro nella vicenda la possibilità di aumentare gli insediamenti ebraici in Palestina e prestarono la loro collaborazione. Ebbero così il permesso di aprire in territorio tedesco alcuni uffici per l’assistenza ai migranti e di organizzare corsi scolastici per l’insegnamento dell’ebraico, soprattutto a classi giovanili. Nella villa museo sul Wannsee, dove ebbe luogo nel gennaio 1942 la famigerata conferenza dei 19 gerarchi nazisti a cui fu affidato il compito di programmare la «soluzione finale», vi è una importante documentazione fotografica su questi uffici e queste scuole. L’accordo fu criticato anche in ambienti ebraici, ma ebbe il merito di salvare uomini e donne che sarebbero morti nei lager.