Corriere 16.5.16
Se la politica spegne «Virus» e «Ballarò»
Si illudono che controllando la Rai vinceranno le elezioni. Sbagliano
di Pierluigi Battista
Un
po’ ci avevamo creduto. Davvero abbiamo pensato che nel suo slancio
rottamatore, nel suo ripudio della vecchia politica, nel suo afflato
liberalizzatore, Matteo Renzi volesse mantenere la promessa di farla
finita con la politica e i partiti che occupano militarmente la Rai, con
il governo e il Parlamento che lottizzano, con la tv pubblica che
prende ordini dal suo «editore di riferimento». Per un momento, ma solo
per un momento per carità, abbiamo creduto addirittura alla tentazione
renziana di una sia pur parziale privatizzazione della Rai, prologo di
un ripensamento sul ruolo del servizio pubblico televisivo che potesse
legittimare il pagamento della tassa che i cittadini sono costretti a
sborsare anche se non desiderano guardare programmi della tv di Stato.
Niente, c’eravamo sbagliati anche questa volta. L’occupazione di Viale
Mazzini ha continuato a essere lo sport più praticato a Palazzo Chigi.
La politica si è ripresa i suoi diritti. Per il resto, pagare il canone
in silenzio, per foraggiare la tv lottizzata e svantaggiare i
concorrenti delle tv private che non possono usufruire dei proventi di
una tassa oramai priva di ogni legittimazione. Peccato. I meccanismi e
le consuetudini del controllo politico della Rai evidentemente sono
troppo forti per essere elusi con un semplice atto di volontà. Si impone
invece come inevitabile corollario della smania occupatrice della Rai
la tentazione del silenziatore sui programmi non allineati, come sempre,
come prima, come tutti gli altri predecessori. Si alimenta attorno a
Massimo Giannini l’irritazione del governo per la sua conduzione di
«Ballarò». Dicono: ma gli ascolti sono insoddisfacenti. Bene, vedremo i
risultati brillanti di un talk show a conduzione improntata alla più
affidabile ortodossia renziana («Buonasera, anche questa settimana
l’Italia ha cambiato verso»: davvero uno share da boom). Si licenzia via
intervista, senza nemmeno un atto formale, un conduttore come Nicola
Porro, che con «Virus» ha dato espressione all’unica trasmissione
politica di stampo «liberale», senza urla, gabbie, prediche da guru,
piazze in fiamme. Via quello troppo «di sinistra», via quello troppo «di
destra». E meno male che la Rai doveva essere lasciata in pace. Meno
male che i partiti avrebbero allentato la presa. E si illudono che
controllando la Rai vinceranno le elezioni. Sbagliano: basta vedere cosa
è accaduto nei vent’anni precedenti. Peggio per loro.
Il
Movimento 5 stelle continua a crescere a Roma, dove la candidata
Federica Raggi è prima, con circa il 28 per cento dei consensi, a fronte
del 22 per cento attribuito dai sondaggi al candidato renziano, Roberto
Giachetti, seguito da Giorgia Meloni (Fd’I) ed al candidato di
centrodestra Alfio Marchini, entrambi tra il 19 ed il 20 per cento. In
verità Giachetti potrebbe giovarsi dell’uscita di scena di Stefano
Fassina, il candidato di Sinistra italiana, la cui lista è stata esclusa
dalla competizione elettorale per vizi di forma.