Corriere 15.5.16
Virzì: bisogna aver paura di chi teme la follia
di Stefania Ulivi
Cannes
«Drôle», «émouvante», «un gran bazar de vie», «lumineux». Un po’ si
schernisce Paolo Virzì, ma non nasconde la felicità di scoprire che La
pazza gioia , a Cannes, ha un effetto contagioso. Accoglienza calorosa
di stampa e pubblico della Quinzaine des réalisateurs. Entusiasti i
commenti. Altissimo l’interesse internazionale che circonda il film:
uscirà in Francia l’8 giugno (da noi in 400 sale martedì prossimo), è
già stato venduto in 18 Paesi.
La straniata coppia di «donne
sbagliate» — la Beatrice di Valeria Bruni Tedeschi che qui gioca in casa
(anche in gara con Ma Loute di Dumont) e la Donatella di Micaela
Ramazzotti — ha davvero colpito al cuore. «Le attrici sono talmente
meravigliose che non si sa decidere se curare o lasciar vivere con il
loro male queste due matte in cui la follia funziona così bene», scrive
Le Monde . «Equilibrio tra humour e realismo, una delle poche recenti
commedie italiane con serie possibilità di successo internazionale»,
Variety .
Virzì si gode ogni momento di questa trasferta a Cannes
(condita anche dall’annuncio del suo prossimo film, il primo che girerà
in America, The Leisure Seeker con Donald Sutherland e Helen Mirren).
«Mi piace che La pazza gioia venga considerato un elogio
dell’imperfezione, ci siamo voluti mettere dalla parte di due donne
imperfette che non sono due eroine, anzi hanno combinato anche dei guai,
ma hanno una loro innocenza. E volevamo sancire il loro diritto
all’euforia». L’aristocratica Beatrice, esuberante e mitomane, «che si
crede terapeuta e forse lo diventa», e la malmostosa Donatella carica di
ferite e illusioni impresse sulla pelle che proprio a Villa Biondi,
struttura per pazienti psichiatrici, «scopre che qualcuno la guarda, si
accorge di lei». Due donne agli antipodi, per provenienza sociale,
educazione, frequentazioni ma in comune hanno «un dolore antico» che le
rende sorelle alla ricerca della libertà.
«Sono state umiliate, da
genitori, amanti, mariti e si prendono per mano, si curano tra loro»,
spiega Ramazzotti. E Bruni Tedeschi a chi cerca paralleli con Thelma e
Louise replica con due immagini di donne a cui si è ispirata: Blanche
Dubois, l’eroina di Un tram chiamato desiderio di Williams, e la Jasmine
(Cate Blanchett) di Woody Allen.
Il regista l’ha detto più volte,
lo ripete volentieri: senza Micaela e Valeria («due creature che fanno
vibrare la macchina da presa») il film non esisterebbe. Sul set
l’obiettivo era sempre pronto a cogliere sprazzi di improvvisazione a
partire da un copione molto meditato, scritto a quattro mani con
Francesca Archibugi.
«Abbiamo incontrato molti psichiatri,
psicoterapeuti e operatori che ci hanno preso per mano per un’immersione
nel grande circo della salute mentale in Italia tra strutture pubbliche
e private. La follia è un soggetto che spaventa, ma grazie al film ho
capito che bisogna aver paura di quelli che ne hanno paura», spiega
Virzì. «Prima di girare pensavamo potesse essere una terapia per noi»
scherza Micaela, al suo terzo film diretta dal marito. «Ma forse ci ha
fatti diventare un po’ più matti».