Repubblica 4.4.16
La perizia
“La donna si sarebbe salvata al cento per cento se avesse seguito le indicazioni dell’ospedale e non le teorie hameriane”
Morì per un melanoma affrontato con la psicoterapia. Le amiche: era succube di quella dottoressa
di Sarah Martinenghi
TORINO.
Si sarebbe salvata «al cento per cento», se solo avesse seguito le
indicazioni dell’ospedale e non le teorie “hameriane” del suo medico
curante, quelle proposte cioè dalla dottoressa Germana Durando, medico
di base ed omeopata torinese. Non lascia spazio ai dubbi la perizia
medico legale chiesta dalla procura sul decesso di Marina L., la
paziente di 53 anni morta nel 2014 per un cancro della pelle curato con
la terapia psicologica e rimedi omeopatici. Secondo il consulente medico
legale Roberto Testi: «Quando il primo dicembre 2005 i medici avevano
consigliato di asportare il neo, la lesione era a uno stadio della
malattia basso, associato a un’ottima prognosi, con probabilità di
guarigione totale». E sulle teorie di Ryke Hamer, il giudizio è netto:
«Risulta evidente la totale mancanza di scientificità della dottrina
stessa. Si tratta di una pratica poco più che da ciarlatano».
Non
solo però Marina L. non doveva togliere quel neo sulla scapola che da
pochi millimetri, negli anni, era diventato un tumore di 11 centimetri.
Ma nemmeno i linfonodi ingrossati e che erano diventati metastatici.
«Sono le sentinelle che combattono il cancro per te» era l’idea del suo
medico, a cui la procura contesta il reato di omicidio colposo
aggravato. Agli atti dell’inchiesta chiusa del pm Stefano Demontis,
oltre alle mail tra la paziente e la sua terapista, ci sono anche le
drammatiche testimonianze delle amiche più care. Che agli investigatori
hanno raccontato quanto fosse forte quel rapporto e come i dubbi di
Marina fossero “spazzati via” dalla fiducia in “Santa Germana”, come era
solita definirla. Agli investigatori il 14 aprile del 2015, l’amica
d’infanzia Anna spiega: «Spesso chiedevo a Marina notizie di quel neo
per sapere se fosse sempre sotto controllo: “Certo — mi rispondeva — è
Germana che me lo cura”». Quando aveva scoperto che si trattava di un
melanoma maligno le aveva detto: «I medici volevano ricoverarmi per
asportarmi anche i linfonodi, ma mi sono rifiutata e ho dovuto lottare
tantissimo con loro». Il motivo? «Germana mi ha detto che non devo
assolutamente toglierli, perché sono la barriera contro il tumore: loro
si attivano contro il cancro, per questo non mi faccio operare». È
sempre Anna a riportare in Procura l’angoscia dell’amica: «Sono piena di
speranze, ma ogni tanto ho grandi dubbi: ho dei dolori terribili ai
linfonodi e mi assalgono le perplessità sul mio tipo di cura, ma Germana
mi dice che è tutto normale e che i dolori indicano che i linfonodi
stanno lavorando contro il tumore». Un’altra testimone, Simonetta,
descrive il rapporto tra Marina e Germana: «Ne era entusiasta, la
considerava una sorta di maga e di salvatrice».