Repubblica 21.4.16
“Rischio cosche nei Comuni al voto”
L’allarme
della Commissione Antimafia nella relazione della presidente Bindi:
“Gli enti locali sono la principale porta d’ingresso per i clan”. Serve
un intervento del governo. Monitorate 15 amministrazioni tra cui Roma
I
commissariamenti nel 2015 sono stati 33. Si moltiplicano i casi di
intimidazioni agli amministratori: più di mille in un anno e mezzo
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
Le organizzazioni criminali hanno circondato gli enti locali, adesso
proveranno a infiltrarli con le Comunali di giugno. Ecco la denuncia
dell’Antimafia, contenuta in un’allarmante relazione di Rosy Bindi che a
breve sarà resa pubblica. «La principale porta d’ingresso delle mafie
nella gestione delle risorse pubbliche – si legge - risiede nella
politica e nell’amministrazione locale, con le forme tipiche della
violenza, dell’intimidazione e della corruzione». Di fatto,
un’autostrada che permette un «ingresso “legale” della criminalità nella
vita dell’ente, attraverso la raccolta del consenso». Per rompere
questo assedio, la commissione chiede al governo e al Parlamento un
immediato intervento legislativo che consenta agli uffici elettorali di
scovare i nomi degli incandidabili. Propone a tutte le liste, comprese
quelle civiche, di rispettare il codice di autoregolamentazione che
esclude anche i semplici imputati per alcuni reati. E promette di
monitorare in modo capillare i nomi in lizza in quindici Comuni sciolti
per mafia, o sottoposti a ispezione. Tra questi, Roma.
È in corso
un vero e proprio attacco concentrico delle mafie alle istituzioni, è
scritto nel testo presentato ieri da Bindi all’ufficio di presidenza e
che sarà votato la prossima settimana, con tratti «quasi emergenziali
per la nostra democrazia». E lo dimostrano i dati: «Si assiste a
un’impressionante progressione degli scioglimenti dei consigli comunali,
sempre più anche al Nord. Anche con forme di mafia “originale e
originaria”, scoperta a Roma con l’inchiesta “Terra di mezzo”».
Un’escalation che fa crescere i commissariamenti, 33 nel solo 2015, per
un totale di 713 mila abitanti. Come se non bastasse, negli ultimi anni
si moltiplicano le intimidazioni contro gli amministratori - 1.265 dal
gennaio 2013 ad aprile 2014 - e si conta anche un impressionante
incremento delle infiltrazioni: «Emerge un quadro devastante ». Questa
volta, però, l’Antimafia cambia strategia rispetto alle recenti
Regionali. Non stilerà un elenco nazionale di “impresentabili”, come
quello che fece deflagrare il caso De Luca e generò «contestazioni
individuali e sentimenti contrastanti nell’opinione pubblica». Non lo
consentono i numeri di una tornata elettorale troppo ampia, che rende
impossibile «una verifica preventiva, con la medesima garanzia di
completezza». In vista del voto di giugno, invece, la commissione
zoommerà solo sulle quindici amministrazioni più a rischio, in cinque
Regioni. Setaccerà le liste con il filtro della legge Severino e del
codice di autoregolamentazione, poi stilerà relazioni dettagliate per i
comuni di Roma, S.Oreste e Morlupo nel Lazio, Badolato, San Luca, Platì,
Scalea, Ricadi e San Sostene in Calabria, Battipaglia, Trentola Ducenta
e Villa di Briano in Campania, Diano Marina in Liguria e Finale Emilia
in Emilia Romagna.
Il codice di autoregolamentazione è in cima ai
pensieri dell’Antimafia. È considerato l’unico strumento in grado di
bandire dalle liste non solo i condannati in via definitiva, ma anche
gli imputati per un «ampio catalogo di fattispecie penali». Una
scrematura resa ancora più necessaria dal fatto che gli uffici
elettorali non sempre sono in grado di verificare nei due giorni
previsti dalla legge la candidabilità dei contendenti. Un “imbuto”
generato da casellari giudiziari aggiornati in tempi biblici e
dall’assenza di una banca dati dei carichi pendenti. Sui quali adesso - è
l’invito dell’Antimafia - è necessario accelerare. Ma non basta. Bindi
propone alcuni ritocchi legislativi. Tra questi, la possibilità di
ampliare a una settimana i termini di verifica per le commissioni
elettorali, l’obbligo per i candidati di allegare il certificato dei
carichi penali pendenti e la presenza di magistrati nella commissioni
elettorali. Nella relazione si immagina anche un’anagrafe unica dei
candidati, da rendere accessibile sul web. Ai partiti, poi, si consiglia
di dotarsi di «pagine web dedicate alla politica trasparente». Accanto a
questa sfida, l’Antimafia reclama pene più severe per lo scambio
politico-mafioso e l’allargarmento della Severino alle ipotesi più gravi
di reati elettorali. È una «malattia sistemica » e occorre una «terapia
di sistema», è la conclusione della commissione. Cambiando alcune
pratiche di un movimento antimafia a volte riservato a «specialisti e
mestieranti». Ma soprattutto trasformando il dna dei partiti - «tutti,
perché nessuno può ritenersi immune dal condizionamento o peggio
dall’infiltrazione» - affinché ripensino la governance, a partire dalla
preselezione delle primarie dei gazebo o sul web.