Repubblica 16.4.16
Quando il Re Sole governava con le regole dell’etichetta
di Benedetta Craveri
Nell’autunno
del Medioevo furono il cerimoniale papale della Chiesa di Roma e quello
messo a punto nella loro splendida corte dai duchi di Borgogna a
servire da modello alle due grandi monarchie che nel corso dei secoli
successivi si sarebbero contese il primato sullo scacchiere politico
europeo. Mentre gli Asburgo si servirono dell’etichetta per potenziare
un’immagine liturgica della regalità che non consentiva ai profani di
oltrepassare la soglia degli appartamenti privati del monarca, i Valois
si spinsero oltre. Francesco I volle infatti fare di ogni momento della
sua giornata, dal risveglio al ritiro serale, lo spettacolo stesso della
sovranità. Rinunciando ad avere una esistenza privata per vivere sotto
gli occhi dei suoi cortigiani, il re francese chiedeva loro un uguale
sacrificio, legandoli a sé con i lacci insolubili di un’etichetta che
rendeva immediatamente visibili le gerarchie e le preminenze di cui egli
si voleva l’arbitro. Ma doveva trascorrere ancora un secolo perché
Luigi XIV facesse di questa messa in scena fastosa la carta da visita
dell’assolutismo regio e, a cominciare dai classici saggi di Norbert
Elias, sono infatti innumerevoli gli studiosi che hanno passato al
vaglio la politica teatrale di Re Sole. Ma se vogliamo avere un
caleidoscopio di immagini parlanti di uno spettacolo rimasto unico negli
annali della storia dell’Europa moderna affidiamoci a quelle che Daria
Galateria ha scelto ora per noi ne L’etichetta alla corte di Versailles.
Forte di una agguerrita conoscenza dei memorialisti seicenteschi, la
nostra francesista dà loro la parola dopo averceli presentati nelle
pagine iniziali del libro, ma è l’eloquenza visionaria del più grande di
tutti, il “piccolo duca” di Saint-Simon, a fare qui la parte del leone.
Mosso
dall’ossessione di difendere i privilegi di un titolo di fresca data,
Saint Simon ha infatti istruito contro Luigi XIV e la sua corte un
processo di migliaia e migliaia di pagine dove è il rispetto
dell’etichetta a costituire il principale metro di giudizio. Ed è
attingendo a questo archivio della memoria che Daria Galateria ha messo a
punto, con sorridente perizia, un “Dizionario dei privilegi” composto
da 160 brevi voci che ci introducono nel bel mezzo dello spettacolo
barocco di Versailles. La prima impressione davanti a rituali,
prerogative, funzioni di cui non afferriamo più il senso è di
spaesamento, ma man mano che ci addentriamo in questa casistica dalla
terminologia per noi così esoterica, ci rendiamo conto che anche le
mansioni più ridicole che essa contempla rispondono tutte a una stessa
esigenza: mostrare la maggiore o minore distanza di chi le esercita
dalla persona fisica del sovrano e dei suoi stretti congiunti. E chi ha
visto il film su Maria Antonietta di Sofia Coppola non avrà dimenticato
la scena in cui la giovane regina, già svestita e intirizzita dal
freddo, aspetta pazientemente che si decida a quale delle dame presenti
competa l’onore di passarle la camicia da notte. Al momento di andare a
letto, ci dice infatti Daria Galateria, alla voce “Camicia” questa
«doveva essere porta al re, alla regina o ai figli di Francia dalla
persona più altolocata presente, a meno che non fosse di rango uguale o
superiore». Come dunque stupirci che proprio una principessa della casa
d’Asburgo come Maria Antonietta, che aveva conosciuto bambina l’intimità
di una vita familiare al riparo dagli sguardi della corte, abbia deciso
di sottrarsi all’etichetta di Versailles? Ma, così facendo,
l’Autrichienne dimenticava che nel paese in cui cingeva ora la corona,
era proprio questo rituale a garantire a ciascuno il rispetto che gli
era dovuto. Come ricorda Daria Galateria, Luigi XIV aveva ammonito i
suoi discendenti sull’importanza politica delle apparenze: «Si sbaglia
di grosso chi pensa che si tratti di semplici questioni cerimoniali. I
popoli su cui regniamo, non potendo penetrare il fondo delle cose,
regolano il pensiero normalmente su quello che vedono sull’esterno, e
per lo più misurano sulle precedenze e i ranghi il loro rispetto e
l’obbedienza».
L’etichetta di Versailles altro non era per lui che arte di governo.
IL LIBRO L’etichetta alla corte di Versailles di Daria Galateria ( Sellerio pagg. 344 euro 14)