giovedì 21 aprile 2016

La Stampa 21.4.16
Hillary strizza l’occhio agli elettori di Sanders
Ma lui non molla
di Paolo Mastrolilli

Hillary Clinton ha appena finito il discorso per la vittoria a New York, nel salone dello Sheraton Hotel, quando la direttrice delle comunicazioni della sua campagna, Jennifer Palmieri, convoca i giornalisti per un briefing. Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: «Sanders a questo punto deve decidere se continuare il cammino distruttivo che ha scelto negli ultimi giorni, fatto di attacchi personali e falsità. Noi siamo sicuri che Hillary sarà la candidata presidenziale, perché otterrà la maggioranza dei delegati scelti con il voto popolare».
New York potrebbe essere ricordata come lo spartiacque di questa sfida. Sanders, puntando sulle sue origini a Brooklyn, ha investito tempo e soldi nell’Empire state, per ottenere la vittoria in contropiede che avrebbe demolito le ambizioni di Hillary. Invece lei ha ottenuto quasi il 58% dei voti, e lui il 42%. La campagna della Clinton ora non chiede direttamente al senatore del Vermont che si ritiri, perché «questa è una decisione che deve prendere lui, e ha tutto il diritto di andare fino alla Convention di Philadelphia». Però avverte che proseguendo su questa strada rischia di danneggiare il partito, senza ottenere nulla: «Per recuperare un po’ del vantaggio attuale di Hillary in termini di delegati - ci spiega Palmieri - Sanders avrebbe dovuto vincere lo stato di New York con un distacco di almeno 13 punti, e invece lo ha perso di 15. Le prossime primarie saranno il 26 aprile in Connecticut, Delaware, Maryland, Pennsylvania e Rhode Island, e qui per recuperare dovrà conquistare tutti questi cinque Stati con oltre 15 punti di vantaggio. Considerate che finora ha raggiunto questa quota solo in due occasioni, cioè il New Hampshire e il suo Vermont. Se non ce la farà, dopo il turno del 26 aprile la soglia con cui dovrà vincere per colmare il divario salirà al 25%, che guardando all’andamento avuto finora dalle primarie è irrealistica».
La campagna di Sanders dice che la sua strategia ora è puntare alla Convention di Philadelphia, per convincere là i super delegati non eletti del Partito a cambiare cavallo, scegliendo lui invece di Hillary: «Non so - commenta Palmieri - come potrà sostenere la democraticità di questo argomento, dopo aver perso i delegati scelti attraverso il voto». Anche la Clinton nel 2008 era andata fino alla Convention di Denver, ma con una differenza: «Una volta arrivata al congresso del Partito, aveva chiesto ai suoi delegati di proclamare per acclamazione la candidatura alla presidenza di Barack Obama, in modo da sostenerlo in maniera unanime nella corsa alla Casa Bianca». Bernie finora non solo non ha accennato a questa ipotesi, ma secondo Palmieri negli ultimi giorni ha scelto una strategia «distruttiva», che rischia di danneggiare il partito, proprio mentre i repubblicani sono dilaniati da una guerra civile che apre la porta della Casa Bianca ai democratici: «Sanders ha tutto il diritto di arrivare fino alla Convention, ma noi ci auguriamo che lo faccia tornando a correre una campagna di idee e principi, come aveva promesso fin dall’inizio, invece di quella fatta di attacchi personali e false accuse che ha scelto qui».
La linea dunque è chiara. Hillary non vuole chiedere a Bernie di ritirarsi per non urtarlo, perché per vincere a novembre avrà bisogno del suo appoggio e dei gruppi elettorali che ha conquistato, a partire dai giovani. Perciò martedì sera si è rivolta ai suoi sostenitori con questa frase: «Le cose che ci uniscono sono molte più di quelle che ci dividono». Un invito a seppellire l’ascia di guerra e marciare insieme, per evitare che Trump entri alla Casa Bianca. Nello stesso tempo, però, la pazienza per gli attacchi più velenosi di Sanders si sta esaurendo, anche perché ormai possono ottenere solo il risultato di spaccare il partito. A New York Clinton ritiene non solo di aver vinto, ma anche di aver consolidato la coalizione che può portarla alla presidenza. Ha riconquistato le donne, infatti, oltre alle minoranze nera e latina, e ai moderati della classe media, presentandosi come un democratico realista con obiettivi utili e realizzabili, dall’eguaglianza retributiva fra uomini e donne all’asilo gratuito per tutti i bambini, dai controlli su Wall Street alla sicurezza nazionale. I pezzi che continuano a mancarle sono i giovani, in parte i bianchi delle classi più basse, e soprattutto l’entusiasmo e la simpatia degli elettori. Queste cose non si comprano, ma Sanders può aiutarla ad averne abbastanza, quando si convincerà che non potrà essere lui ad abitare alla Casa Bianca.