sabato 30 aprile 2016

Il Sole 30.4.16
In Senato. I Democratici d’ora in poi incontreranno preventivamente Ala sui principali provvedimenti che arrivano in Aula
Pd-Verdini, patto di consultazione Ma la minoranza dem: «È follia»
di Emilia Patta

ROMA È vero, come sottolinea il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, che gli incontri con i parlamentari verdiniani di Ala non sono certo una novità. Così come non lo sono, visti i numeri esigui della maggioranza in Senato, quelli con i tosiani (ossia i “dissidenti” della Lega che hanno seguito Flavio Tosi) e quelli con l’Italia dei valori. Insomma, per il maggiore partito della maggioranza è quasi un obbligo parlare con tutti e allargare il più possibile il perimetro dei voti favorevoli ai provvedimenti messi in campo dal governo. È però anche vero che la sorta di “passarella” concessa ieri alla Camera alla delegazione di Ala guidata da Verdini (con lui i capigruppo Lucio Barani e Ignazio Abrignani, mentre il vicesegretario del Pd Luigi Guerini era accompagnato dai capigruppo Zanda ed Ettore Rosato) un certo valore politico lo ha. Nessun ingresso di Ala nella maggioranza, nessun patto, precisano da ambo le parti. Il punto è che i verdiniani si erano stancati di votare le riforme del governo per così dire a scatola chiusa e di essere trattati con la puzza sotto il naso da larga parte del Pd. Sono loro, sottolineano fonti democratiche, ad aver voluto l’incontro. E il succo è questo: il Pd d’ora in avanti «consulterà» preventivamente anche Ala sui «principali provvedimenti» che arriveranno in Aula alla Camera e al Senato. I partecipanti alla riunione - alla quale era assente il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti nonostante le ricostruzioni della vigilia per evidenti motivi di opportunità, dal momento che si è trattato di un vertice parlamentare - giurano che non si è parlato di prescrizione e di intercettazioni, temi di cui si sta discutendo in Senato assieme al processo civile. Ma il novello patto della consultazione permetterà di parlarne nei prossimi giorni.
I più soddisfatti sono naturalmente i verdiniani. Il riconoscimento del loro ruolo attraverso la “cabina di regia” periodica è già un grande passo per un gruppo che in Senato conta 20 teste (24 sono i bersaniani) e per dirla con Verdini «non è in maggioranza ma neanche all’opposizione». «Occorreva parlarsi - spiega l’ex braccio destra di Silvio Berlusconi - perché noi finora abbiamo votato i provvedimenti arrivati in Aula senza prima averli visti». E Barani, come è sua consuetudine, si spinge più in là fino a dipingere Ala come «padre costituente» assieme al Pd. Perché il sì di Ala alla riforma del Senato e del Titolo V che sarà sottoposta a referendum confermativo ad ottobre ha il suo peso. Ma Rosato si affretta a specificare che Ala farà i suoi comitati per il sì, distinti da quelli del Pd. Come che sia, è noto che Verdini vede l’appuntamento di ottobre come lo spartiacque per future alleanze politiche: chi sostiene le riforme da una parte (Pd, partiti centristi e appunto i verdinini) e chi le contrasta dall’altra (M5s, Lega, Fi e anche - forse - una parte del Pd). Questo spartiacque verso il temuto Partito della Nazione è proprio quello che teme la minoranza del Pd. Il bersaniano Roberto Speranza parla per tutti di «errore gravissimo», di «incontro sbagliato»: io ho appena fatto una riunione con chi fatica a restare nel Pd e il segnale che si dà dall’altra parte è parlare con Verdini... Nella settimana più complicata del rapporto magistratura-politica, a poche settimane dalle amministrative, non si trova di meglio da fare di un accordo con Verdini. Non capisco a cosa serve, abbiamo i numeri in maggioranza. Dà un segnale opposto a quello di cui ci sarebbe bisogno». Facile per i renziani controbattere che Verdini già faceva parte, con Berlusconi che poi si è sfilato, del governo Monti sotto la segreteria di Bersani e dello stesso governo Letta. E si ricordano anche i colloqui dei bersaniani con Verdini, nel marzo 2013, quando Bersani tentò di far nascere un proprio governo con l’astensione di Fi. Ma la questione Verdini sembra la punta di lancia con cui la minoranza vuole giocarsi la partita del prossimo congresso del 2017, dopo il referendum sulle riforme appunto.
Da parte loro i grillini tornano a chiedere che Renzi e Verdini salgano al Quirinale per certificare la nascita di una nuova maggioranza con un nuovo voto di fiducia. E un po’ la stessa argomentazione, dall’altra parte delle barricate, usa il viceministro all’Economia e segretario di Scelta civica Enrico Zanetti: Ala è «tecnicamente» nella maggioranza parlamentare, e quindi l’incontro doveva riguardare anche gli altri gruppi di maggioranza.