giovedì 14 aprile 2016

Il Sole 14.4.16
L’agenda di Pechino. Tra rilancio e instabilità finanziaria
Spinte sull’innovazione, confusione sul cambio
di Martin Feldstein

Sono rientrato da poco da Pechino dove sono rimasto una settimana per intrattenere colloqui con i leader cinesi e partecipare al China Development Forum, l’appuntamento più importante dell’anno per le autorità del Paese e i massimi esponenti dell’imprenditoria cinese e straniera. Il Governo cinese ha appena annunciato il suo Piano quinquennale e le autorità erano ansiose di spiegare cosa avrebbe implicato per il futuro del Paese. La novità principale di quest’anno è «la ristrutturazione sul fronte dell’offerta», una voce che riunisce una vasta gamma di politiche mirate a stimolare la crescita economica e il tenore di vita.
In cima alla lista delle politiche sul fronte dell’offerta c’è l’eliminazione di parte della capacità in eccesso delle imprese di Stato nel settore dell’acciaio e del carbone. Questo significa perdere qualcosa come quattro milioni di lavoratori, un numero pari a circa lo 0,5% della forza lavoro cinese. La Cina trasferirà anche milioni di persone dalle zone agricole a bassa produttività in una decina di città nuove, con l’ambizioso progetto di costruire altri cinquanta aeroporti e migliaia di chilometri di strade e ferrovie. Le autorità hanno anche pubblicizzato il progetto «One Belt, One Road» che sfrutterà l’assistenza finanziaria e le risorse cinesi per sviluppare porti, ferrovie e autostrade che collegano la Cina ad altre parti dell’Asia e potenzialmente persino all’Europa. L’obiettivo della politica estera è espandere l’influenza cinese nella regione e oltre e sarà anche un’opportunità per esportare parte della capacità industriale cinese in eccesso.
La Cina intende inoltre stimolare l’innovazione attraverso la ricerca e lo sviluppo, anche abbassando le aliquote fiscali per le aziende ad alta tecnologia. La riforma fiscale estenderà anche l’imposta sul valore aggiunto al settore dei servizi e le riforme finanziarie elimineranno i limiti sui tassi di interesse che le banche possono pagare sui depositi ed esigere sui prestiti.
Al tempo stesso, regna una confusione sostanziale sul nuovo regime di cambio cinese. Negli ultimi anni, il deprezzamento del renminbi rispetto al dollaro ha scatenato le proteste delle aziende americane concorrenti. Ma dal 2010, il renminbi si è anche apprezzato del 25% rispetto ad altre valute dei Paesi avanzati. Le autorità hanno promesso di lasciare che sia il mercato a determinare il tasso di cambio e che non c’è motivo di temere un forte deprezzamento. Ma continuano a riferirsi al dollaro perché temono che riferirsi a un paniere di monete potrebbe indurre un ulteriore deprezzamento rispetto al dollaro, aspettativa che farebbe aumentare le fughe di capitale. Anche le politiche ambientali sono al primo posto dell’agenda cinese dei prossimi cinque anni. L’opinione pubblica chiede a gran voce aria, terra e corsi d’acqua più puliti e per ottenerli il governo dovrà adottare nuove regolamentazioni e creare “obbligazioni verdi” per finanziare il risanamento e fonti di energia a basso consumo di carbonio. Le industrie automobilistiche cinesi vengono incoraggiate a produrre auto ibride e il governo sta mettendo in guardia le aziende straniere che, se non si conformeranno, si vedranno ridurre la quota di mercato. Per migliorare la qualità della vita bisogna anche migliorare la qualità dei prodotti che i consumatori cinesi possono acquistare. Al China Development Forum, un ministro cinese ha osservato che l’anno scorso un milione di turisti cinesi è andato all’estero e ha utilizzato le carte di credito per acquistare circa un miliardo di dollari di beni che sul mercato cinese non si trovano.
La Cina è ancora un Paese a basso reddito con un Pil pro capite di soli 14mila dollari, circa un quarto di quello americano. Anche se Pechino e Shangai sono relativamente prospere, in Cina c’è ancora tanta povertà: per eliminarla entro il 2020, nel piano quinquennale la soglia è stata stabilita a soli 354 dollari l’anno, ovvero meno di un dollaro al giorno.
Il forte indebitamento delle corporation cinesi potrebbe essere fonte di instabilità finanziaria, anche se diverse autorità hanno ribadito di non essere preoccupate. I dati governativi mostrano che in Cina il rapporto prestiti bancari/Pil è circa il doppio di quello americano. Ancora più preoccupante è la percentuale di prestiti in sofferenza che potrebbe essere pericolosamente elevata. Ma anche se la percentuale dovesse essere maggiore di quanto indicato dalle statistiche ufficiali, il grave problema del cattivo debito cinese è molto diverso da quello dell’Occidente. I maggiori debitori in Cina sono le aziende di Stato e i loro creditori sono le banche di Stato. Perciò risolvere i cattivi debiti implicherebbe il trasferimento delle perdite dalle banche di Stato al Governo. E poiché il debito del Governo è relativamente basso, circa il 17% del Pil, non sarebbe difficile per il Governo assorbire quelle perdite. Se necessario, potrebbe anche far fronte al debito troppo elevato in cui si sono trovati i Governi locali nel 2008 e nel 2009, incoraggiati dalle autorità centrali.
Un argomento che non è stato affrontato al China Development Forum è la grande stretta sulla corruzione delle alte sfere che il presidente Xi Jinping sta perseguendo e che a parere di molti starebbe ostacolando il processo decisionale economico e rallentando la crescita del Pil. Né è stata affrontata la preoccupazione dilagante di una deriva ideologica a sinistra che potrebbe minacciare la proprietà privata, portando a fughe di capitali, perché la gente cercherebbe di tutelare la propria ricchezza. Ma se la Cina resta un rompicapo complesso, le autorità stanno indubbiamente perseguendo le riforme di mercato mirate a raggiungere una crescita reale annua del 6,5% o più, nei prossimi cinque anni, portando al raddoppiamento del reddito pro capite reale entro il 2020, invocato dal Partito comunista cinese nel 2010. Se quell’obiettivo non verrà raggiunto, non sarà per la mancanza di sforzi da parte del Governo cinese.
(Traduzione di Francesca Novajra)