il manifesto 9.4.16
Podemos dà la parola ai militanti
Spagna. Appoggiare o meno un patto di governo Psoe-Ciudadanos? Decida la base
Una maniera abile per schivare l’accusa di aver fatto saltare l’accordo. E il ritorno alle urne sembra sempre più probabile
di Luca Tancredi Barone
Hanno
aspettato di sbollire la rabbia tutta una notte prima di parlare in
pubblico. Cancellata la conferenza stampa prevista giovedì sera dopo
l’incontro con Ciudadanos e Psoe, Pablo Iglesias e i suoi si sono
riuniti ieri mattina in parlamento con tutto il gruppo parlamentare e
con gli alleati galiziani di En marea e quelli catalani di En comú
podem. E hanno reso pubblico quello che tutti si aspettavano: il patto a
tre, il «199» come lo chiama Pedro Sánchez riferendosi al numero di
seggi corrispondente alla somma di Psoe, Ciudadanos e Podemos, è
impossibile.
Ma Podemos non ci sta a prendersi la colpa. E
rilancia: vogliamo essere «molto chiari e onesti con i cittadini
spagnoli», ha detto. Per questo sottoporrà ai suoi 400mila militanti due
domande vincolanti: una maniera abile per schivare l’accusa di aver
fatto saltare l’accordo. «Vuoi un governo basato sul patto
Rivera-Sánchez?» e «Sei d’accordo con la proposta di governo del
cambiamento difesa da Podemos – En marea – En comú podem?». Iglesias ha
detto che appoggia una risposta negativa alla prima domanda e una
positiva alla seconda, e che se i militanti la pensassero in modo
diverso ne «assumerà le responsabilità politiche».
In realtà le
cose non sono cambiate dal 20 dicembre. Il Partito socialista aveva due
opzioni davanti: lavorare con Ciudadanos e il Pp da un lato per una
specie di Grosse Koalition iberica, appoggiata direttamente o
indirettamente dal Pp; o una soluzione portoghese, inevitabilmente
appoggiata indirettamente anche dai partiti indipendentisti o da
Ciudadanos con una astensione tecnica. Ma invece di tentare un accordo a
sinistra per poi trovare il modo di convincere Ciudadanos e qualcun
altro ad astenersi, Sánchez, con le mani legate dall’ampio settore
immobilista e centralista del partito, ha scelto di fare prima un patto
con Ciudadanos, che aggiungeva solo 40 seggi ai suoi 90, per poi cercare
di costringere Podemos ad accettarlo. Una possibilità che Podemos non
ha mai preso in considerazione.
D’altra parte, Podemos è stato
subito molto aggressivo con i socialisti, dando loro l’alibi perfetto
per iniziare le negoziazioni a destra invece che a sinistra, nella
disperazione di Izquierda Unida e dei valenziani di Compromís, che hanno
cercato in tutti i modi di far sedere allo stesso tavolo Podemos e
Psoe. La sceneggiata dell’incontro pubblico fra Iglesias e Sánchez alla
fine c’è stata subito dopo Pasqua, ma fuori tempo massimo.
Dati i
colpi di scena di queste settimane ancora tutto è possibile. Ma sembra
che ormai il copione sia stato scritto. Tra giovedì e sabato i militanti
di Podemos rigetteranno il governo rosso-arancione, il che implica che
si dovrà tornare a votare nonostante i sondaggi prevedano uno stallo bis
(a meno che stavolta il Podemos non accetti di allearsi con Izquierda
Unida a livello nazionale, nel qual caso la legge elettorale potrebbe
consentire il sorpasso sul Psoe).
Iglesias ha chiesto
polemicamente al Psoe di essere altrettanto chiaro coi suoi militanti, a
cui invece aveva sottoposto una domanda molto generica. «Magari il Psoe
chiedesse ai suoi militanti se preferiscono un’alleanza con Podemos o
Ciudadanos, sarebbe bellissimo», ha detto.
Per il sempre più
probabile voto a giugno, ancora una volta la Catalogna sarà chiave. Pur
avendo messo da parte nei negoziati degli ultimi giorni la questione
referendum, Podemos (assieme a Iu) rimane pur sempre l’unico partito
nazionale a difendere il diritto all’autodeterminazione. E nell’incontro
di ieri fra Iglesias e il presidente catalano Puigdemont
inevitabilmente uno dei temi sul tappeto è stato proprio questo.