il manifesto 1.4.16
Marino non si candida: «Serve un nome civico»
Amministrative
Roma. Il balletto dell'ex sindaco è finito, o quasi. Il chirurgo
annuncia il suo no fra applausi e cori da stadio. Attacca il Pd ma lo
sgambetto finale è per la sinistra: Fassina è bocciato
di Daniela Preziosi
ROMA
Altro che «compagno di strada», come l’aveva definito Stefano Fassina
pregando il cielo che il «marziano» qualsiasi cosa decidesse –
candidarsi, non candidarsi, partire per gli States, ricomparire in città
– non lo facesse platealmente «contro» la sinistra radicale, oltreché
contro il Pd. Ieri Ignazio Marino ha annunciato la sua intenzione di non
correre per succedere a se stesso a Roma. Lo ha fatto alla fine della
presentazione del suo libro «Un Marziano a Roma», in una Feltrinelli
della Capitale, di fronte a una folla di supporter in visibilio armati
di striscioni inneggianti («Marino càndidati», «Rivoglio il mio
sindaco», «Daje») che lo ha accolto con cori da stadio («Ignazio,
Ignazio», «Torna, torna») e che non ha fatto economia di fischi ogni
volta che veniva nominato l’ex assessore Esposito o il commissario Pd
Orfini. Presenti anche alcuni ex assessori e consiglieri (Nieri,
Danese, Caudo, Cattoi; e tra i consiglieri Imma Battaglia, Franco Marino
e Rita Paris).
Marino insegnerà chirurgia all’Università di Los
Angeles e alla Temple di Filadelfia, secondo quanto ha dichiarato al
Corriere.it, correggendo una prima risposta secondo cui avrebbe preso un
anno sabbatico. In ogni caso non raccoglierà le firme per candidarsi.
«So di dare un dispiacere a molti di voi», ha detto rivolto agli
attivisti dell’associazione Parte Civile. Che in effetti ha lasciato
appesi fino all’ultimo, autorizzando negli altri il sospetto che tutto
questo tirare per le lunghe la vicenda abbia avuto l’unico scopo di
mantenere l’attenzione mediatica sul libro in uscita. «Avevo deciso da
tempo di parlare di questo stasera», ha infatti ammesso candidamente.
Ma
non basta. Oltre all’annuncio, l’ex sindaco si è concesso anche
l’ultimo sgambetto a Stefano Fassina, con il quale negli ultimi tempi i
rapporti si erano fatti molto tesi, con buona pace delle dichiarazioni
pubbliche dell’ex viceministro. Ritirandosi, Marino vuole dire chiaro e
tondo che lui non solo è ostile a Giachetti, il candidato Pd, ma anche
che non sostiene il nome della sinistra radical: «Ho molto riflettuto e
penso che il candidato sindaco debba avere delle caratteristiche che in
questo momento nessuno dei candidati ufficiali ha. Deve provenire, in
una fase in cui i partiti hanno dato il peggio di sé, dalla società
civile, non deve essere scelto da qualcuno in qualche stanza ma si deve
di mettere a disposizione di Roma 5-10 anni». Chi? Ricominciano i ’non
si sa’. «Vi chiedo di scegliere insieme una donna o un uomo che non sia
io, che possa guidare la città di Roma, vincere le elezioni e continuare
il cambiamento avviato e che non si fermerà», ha concluso.
A
sinistra cala il gelo. L’imbarazzo è palpabile. Ora per fortuna il
balletto di Marino è finito. Ma ne potrebbe iniziare un altro per
interposta persona alla ricerca di un nome che incarni (ormai) la non
irrinunciabile mission di disturbare da una parte la corsa di Giachetti
ma dall’altra anche quella di Fassina. Secondo l’identikit tracciato
ieri, non sarebbe neanche l’ex ministro Bray, che pure negli ultimi
giorni Marino aveva riproposto a quei pochi con cui ancora non aveva
rotto i rapporti. All’insaputa di Bray, con ogni probabilità.