Corriere 17.4.16
«L’Iran pronto alle misure necessarie sui diritti umani»
Il ministro iraniano Zarif «Sul rispetto dei diritti chiediamo reciprocità»
E agli Stati Uniti: non interferite con le banche
intervista di Paolo Valentino
L’
intervento in Siria? «Noi combattiamo il terrorismo. Aiutiamo il popolo
e il legittimo governo siriano, su invito di quest’ultimo, per
assisterli nella loro lotta contro Daesh. L’altro impegno è promuovere
una soluzione negoziata». Mohammad Javad Zarif, ministro degli Esteri
iraniano, artefice assieme a John Kerry dell’accordo sul nucleare,
risponde sulle principali questioni di politica interna e
internazionale. Sul tema dei diritti umani, il ministro precisa che
«sono ragione di preoccupazione per tutti. C’è molto da dire da ambedue
le parti. Siamo pronti a dialogare. Faremo le nostre osservazioni
sull’alienazione delle comunità islamiche in molte società europee».
Qual è il vostro obiettivo in Siria?
«Noi
combattiamo il terrorismo. Aiutiamo il popolo e il legittimo governo
siriano, su invito di quest’ultimo, per assisterli nella loro lotta
contro Daesh. L’altro impegno è promuovere una soluzione negoziata. Ecco
perché abbiamo preso parte attiva alla trattativa, che ha portato a un
cessate il fuoco. Ma la lotta all’Isis non può fermarsi».
Mohammad
Javad Zarif è il ministro degli Esteri iraniano, l’artefice insieme a
John Kerry dell’accordo nucleare, che ha cambiato lo scenario
geostrategico in Medio Oriente, restituendo all’Iran un ruolo da
protagonista nella regione. In margine alla visita a Teheran di Federica
Mogherini, Zarif ha concesso un’intervista ad alcuni giornali europei.
L’effetto principale della vostra azione è stato di rafforzare il regime di Assad.
«Il
governo legittimo della Siria è quello riconosciuto dall’Onu. Dobbiamo
mettere da parte discussioni e polemiche. In Siria non c’è alcuna
soluzione unicamente militare. Occorre un negoziato politico fra i
siriani, sono loro a dover decidere del loro destino. Gli attori esterni
possono solo facilitare la soluzione politica».
L’Iran si lamenta
che non tutti gli ostacoli economici sono stati eliminati dopo
l’accordo nucleare. Uno dei punti più discussi è quello delle banche.
Cosa non sta funzionando?
«Tutto quello che chiediamo agli Stati
Uniti è di non interferire con l’attività delle banche, non scoraggiarle
dal venire in Iran. Non è in linea con gli obblighi dell’accordo. Fare
affari con l’Iran è ok. Washington deve prendere un chiaro impegno in
tal senso».
Gli americani chiedono la garanzia che qualunque somma
investita in Iran non finisca sul conto di gruppi terroristi come
Hezbollah.
«Non è questo il caso. L’Iran rispetterà gli impegni su
lotta al riciclaggio e contrasto finanziario al terrorismo, e saremo in
dialogo costante con le istituzioni di controllo multilaterali e
bilaterali, per varare le misure necessarie».
L’invito alla cautela viene anche da Paesi europei?
«No,
crediamo che i governi europei siano interessati a promuovere commerci e
investimenti. Abbiamo ricevuto molte delegazioni dall’Europa, sia dal
settore privato che pubblico. L’Iran è il miglior posto per investire in
questa regione e probabilmente nel mondo».
Ci sono ancora resistenze all’apertura all’Occidente?
«Per
essere accettato in tutte le sue implicazioni, l’accordo deve mostrare
di produrre benefici. Se il popolo vede i dividendi, continuerà ad
appoggiarlo. Se no, possono dirlo alle urne, rigettando chi lo ha
sostenuto. Credo che l’accordo sia nell’interesse di tutti».
Quando si apre uno spiraglio di dialogo con l’Arabia Saudita, scoppia un’altra polemica. Siete irreconciliabili?
«Le
autorità saudite usano ogni opportunità per alimentare tensioni nella
regione e per qualche strana ragione hanno accolto con panico l’accordo
nucleare invece di applaudirlo. Hanno provato a sabotarlo e quando non
ci sono riusciti hanno provato a far salire la tensione».
Ma in Yemen combattete anche voi.
«Noi non bombardiamo il popolo, le scuole, i mercati».
Però fate i test missilistici. Non fanno salire la tensione?
«L’Iran
spende una frazione di quello che spendono Arabia Saudita e altri Paesi
regionali per la difesa. I nostri test missilistici sono difensivi.
Sappiamo cosa ci è costato non avere difese quando Saddam Hussein ci
aggredì nella prima Guerra del Golfo, quando vennero usati missili e
armi chimiche. Non vogliamo usare quei missili contro nessuno e questo è
categorico. Sfido tutti quelli che sollevano dubbi sulle nostre
intenzioni a fare la stessa dichiarazione: noi non useremo la forza,
tranne che per l’autodifesa. Sarebbe importante che lo facessero in
primo luogo gli Stati Uniti».
Sui diritti umani, Federica
Mogherini ha parlato delle preoccupazioni dell’Europa, ma anche della
necessità di dialogare. Come affronterete il tema delle condanne a
morte, dei detenuti politici, della libertà di espressione?
«I
diritti umani sono ragione di preoccupazione per tutti. C’è molto da
dire da ambedue le parti. Siamo pronti a dialogare. Faremo le nostre
osservazioni sull’alienazione delle comunità islamiche in molte società
europee o su come la libertà di espressione venga abusata per dissacrare
i simboli dell’Islam. Ci allarma che quelli che tagliano teste
innocenti in Siria o Iraq parlino perfettamente inglese o francese. Da
parte nostra ascolteremo con attenzione le obiezioni dei partner
europei, daremo le risposte necessarie, probabilmente prenderemo le
misure necessarie. Quanto alle esecuzioni in Iran, sono quasi tutte
legate al traffico di droga, che da noi è un problema serio e diverso
dall’Occidente. Noi sequestriamo la maggior parte dell’oppio confiscato
nel mondo. Non so se la nostra sia la risposta perfetta, ma mi
piacerebbe discutere di quale sia il miglior modo di combattere il
traffico di stupefacenti».
Lei pensa che i Paesi europei dovrebbero porre dei confini alla libertà di parola?
«Senza
parlare di casi singoli, io penso che la libertà di espressione non
abbracci il diritto a insultare, istigare alla violenza e non possa
prevedere affermazioni o scritti o immagini antisemite, razziste,
xenofobe e tantomeno anti-islamiche. Lo standard deve essere uguale per
tutti».