Corriere 12.4.16
Hiroshima, Kerry al memoriale della Bomba
di G. Sant.
PECHINO
Ci sono voluti 71 anni, ma finalmente un segretario di Stato americano è
andato al memoriale della Bomba di Hiroshima. Un gesto sicuramente
storico l’omaggio di John Kerry, che era accompagnato dagli altri
ministri degli Esteri del G7 riuniti in Giappone. Kerry, che conosce
l’orrore della guerra per aver combattuto in Vietnam, si è detto
profondamente emozionato, ha pronunciato parole ispirate, ha messo un
braccio intorno alle spalle del collega giapponese Fushida (foto), nato a
Hiroshima. Ma non ha cambiato il giudizio storico-politico
dell’America: «Mentre onoriamo coloro che sono morti, questo atto non è
sul passato, ma sul presente e il futuro». Significa che a Washington
sono sempre convinti che la Bomba atomica del 6 agosto 1945 su Hiroshima
(140 mila morti), seguita tre giorni dopo da quella su Nagasaki, abbia
accorciato la guerra scatenata dal Giappone nel Pacifico e limitato le
perdite. È possibile che un passo in più venga fatto dal presidente
Obama, se come si dice verrà a Hiroshima a fine maggio. Nel documento
del vertice G7 i ministri degli Esteri hanno incluso una «Dichiarazione
di Hiroshima» con l’auspicio che le armi nucleari non siano più usate e
si arrivi al disarmo (con una certa dose di ipocrisia, visto che
francesi e britannici non pensano certo di rinunciare alle loro bombe e
negli arsenali Usa ci sono almeno 4.500 missili nucleari
intercontinentali). Poi il G7 ha condannato i «soliti sospetti»: i
terroristi degli attacchi a Belgio e Turchia. Hanno ripetuto che
l’annessione russa della Crimea è illegale. Sull’espansionismo della
Cina che sta costruendo isole-fortezza «ferma contrarietà a qualsiasi
azione intimidatoria o unilaterale che possa modificare lo status quo e
aumentare le tensioni nel Mar cinese meridionale e orientale» (senza
citare espressamente Pechino). E ancora, la condanna «nei termini più
duri» della Corea del Nord cita «provocazioni»: ma ormai pochi dubitano
che Kim Jong-un abbia ordigni nucleari pronti (quasi) per l’uso.