venerdì 4 marzo 2016

Repubblica 4.3.16
Non lasciamo sola Angela Merkel
di Angelo Bolaffi

SONO giorni decisivi per il futuro d’Europa e per il destino politico di Angela Merkel. All’inizio della prossima settimana si terrà un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Ue al quale parteciperà il primo ministro turco per cercare una soluzione comune alla crisi dei profughi. Una settimana dopo le elezioni regionali in Germania i cui risultati, secondo i sondaggi assolutamente imprevedibili, potrebbero terremotare quello che fino ad oggi è stato il più stabile sistema politico del Vecchio Continente.
Tutto questo mentre in una sorta di sconfortante avvitamento negativo l’Europa sembra impegnata a demolire anche simbolicamente quanto di buono aveva realizzato nell’ultimo mezzo secolo. A resuscitare i peggiori fantasmi della sua Storia. L’Austria riscopre, come è stato detto, “il suo retroterra asburgico”. E in aperta polemica con la Germania organizza una specie di “congressino di Vienna” per blindare il confine macedone, provocando in tal modo quell’intasamento dei profughi nei Balcani sui cui rischi Berlino aveva espressamente messo in guardia parlando di «pericoli di guerra». Eppure con una determinazione sospetta per alcuni, ammirevole per altri, Angela Merkel non intende cambiare rotta nonostante le pressanti, talvolta molto polemiche, sollecitazioni del partito bavarese della Csu e di una vasta porzione del suo elettorato (e di alcuni intellettuali “progressisti”).
Quella delle sbarre di confine abbassate all’interno dell’area Schengen, ha detto, «non è la mia Europa» restando profondamente convinta che la via intrapresa sia quella giusta. Per questo ha ribadito domenica scorsa in una delle sue rarissime partecipazioni a un talk show televisivo «è mio sacrosanto dovere fare di tutto affinché questa Europa trovi una via comune» anche perché sarebbe davvero intollerabile che le divergenze di visioni strategiche tra i partner europei venissero scaricate sulle spalle di un paese membro. E che la Grecia oggi, e forse domani l’Italia, venissero condannate dalla geografia a pagare il prezzo di un fallimento comune.
Per un paradossale rovesciamento dei ruoli, dunque, Berlino è diventato il più importante alleato del governo di Atene che giustamente per bocca del premier Alexis Tsipras rivendica quanto il suo paese stia facendo oggi, sottolineando come «la Grecia e il popolo greco rivelano il volto umano dell’Europa». Un ruolo che con lungimiranza avevano valutato quanti si opposero alla prospettiva di un Grexit al culmine della crisi della scorsa estate. Per questo, non è esagerato sostenere che la determinazione della Cancelliera tedesca affinché l’Europa trovi assieme il mondo di rispondere alla sfida epocale rappresentata dai migranti (il famoso « rendez- vous con la globalizzazione» secondo l’espressione di Wolfgang Schäuble) potrebbe risultare altrettanto decisivo del « whatever it takes » pronunziato da Mario Draghi per il salvataggio dell’euro.
Del resto, a conferma di questa “intesa cordiale” nell’azione della Merkel e del Presidente della Bce vale la pena ricordare che nelle scorse settimane quest’ultimo si era espresso in termini di totale sostegno della strategia della Cancelliera affermando «non c’è altra scelta se non collaborare. Sono fiducioso che alla fine la portata del fenomeno e la sua inevitabilità lo farà capire e penso si arriverà a un accordo ragionevole ».
I fatti ci diranno se si tratta di una previsione credibile o, invece, incautamente ottimista. In ogni caso, è difficile non prendere atto che oggi la Germania svolge la funzione di antemurale cui la obbligano geografia, storia e potenza economica rispetto alle spinte dissolutive della casa comune europea.
E che il suo ruolo “semi-egemonico” che tanto allarma un pensatore come Jürgen Habermas potrebbe al contrario rivelarsi una opportunità. Per questo non mi sembra molto saggio, come di recente qualcuno ha suggerito, lavorare «per stanare i tedeschi»: al contrario penso che sia interesse vitale per l’Italia collaborare con la Germania per trovare una soluzione comune a una sfida che potrebbe altrimenti avere conseguenze forse persino inimmaginabili per tutti.
Atene, Roma e Berlino: queste capitali hanno in questo momento un compito storico. Far ripartire il cammino di un’Europa unita non solo dall’economia ma anche dalla politica e dalla solidarietà.