Repubblica 23.3.16
“Etruria, risarcite 300 milioni di danni”
Lettera
del commissario liquidatore agli ex amministratori indagati per il
fallimento: “Avete 30 giorni di tempo” Contestate “condotte illecite e
cattiva gestione”.
Nell’elenco gli ex presidenti e il padre del ministro Boschi
di Fabio Tonacci
ROMA.
Hanno trenta giorni di tempo per trovare 300 milioni di euro, né uno di
più né uno di meno. Altrimenti cominceranno le azioni legali che
potrebbero portare al pignoramento di case, automobili, titoli
obbligazionari, terreni, proprietà.
La doccia più fredda per ex
amministratori di Banca Etruria è arrivata ieri, quando nella casella di
posta elettronica si sono ritrovati una comunicazione del commissario
liquidatore Giuseppe Santoni. L’uomo che dopo aver studiato i bilanci si
è visto costretto a chiedere nel dicembre scorso, e ottenere dal
giudice, il fallimento della Popolare.
«Egregi signori, a causa delle condotte illecite e di
mala gestio
accertate
dalla Banca d’Italia e confermate all’esito delle verifiche...».
Esordisce così la lettera di quattro pagine inviata a 37 manager della
vecchia Etruria che hanno fatto parte dei consigli di amministrazione
dal 2010 in poi, fino al commissariamento del febbraio 2015.
Ci
sono tutti, nell’elenco dei destinatari. Gli ex presidenti Lorenzo Rosi e
Giuseppe Fornasari, il direttore generale Luca Bronchi (la cui
liquidazione da 1,2 milioni di euro è valsa l’iscrizione nel registro
degli indagati per 14 consiglieri), i due vicepresidenti Alfredo Berni e
Pier Luigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme Maria Elena
Boschi. Ci sono i membri dei comitati esecutivi e dei collegi sindacali.
E compaiono anche i nomi di due eredi di quattro manager deceduti.
Tutti insieme, sono ritenuti “responsabili in solido” dei danni causati
alla banca e valutati da Santoni in 300 milioni. L’aritmetica dice che
sono 8,1 milioni a testa. Ed «entro e non oltre 30 giorni» gli ex
amministratori si devono attrezzare per trovare il denaro. «In solido »,
appunto. Quindi non importa chi metterà quanto, basta che tra un mese
sia versata l’intera cifra altrimenti partirà formalmente l’azione di
responsabilità e la causa civile per «il ristoro dei danni arrecati alla
Etruria, nonché ai creditori sociali».
Sono quattro paginette
pesantissime. Anche perché, oltre alla cifra oggettivamente elevata,
Santoni indica i tre motivi che lo hanno portato a tale decisione.
L’erogazione e la gestione di mutui e finanziamenti «anche in conflitto
di interessi », le iniziative di «indebito e illecito ostacolo alla
vigilanza della Banca d’Italia», e, soprattutto, «il depauperamento del
patrimonio sociale» attraverso «numerose iniziative contrarie alla
prudente gestione ». Come esempio, il commissario liquidatore indica il
conferimento di incarichi di consulenza, «rilevanti premi aziendali non
dovuti » e altre operazioni “non trasparenti”. In pratica, tutto ciò che
è attualmente oggetto dell’indagine per bancarotta fraudolenta avviata
dal pool di magistrati aretini messi insieme dal procuratore capo
Roberto Rossi.
I filoni in cui è stata divisa l’inchiesta,
affidata ai finanzieri del Nucleo Tributario di Arezzo, sono almeno una
decina e riguardano tutte le spese deliberate dai cda negli ultimi anni e
che, nell’ipotesi penale della bancarotta, potrebbero configurare la
malversazione. L’indennizzo a fine incarico del dg Bronchi ha fatto
finire sotto inchiesta 14 dei 15 consiglieri che l’hanno deliberato il
30 giugno 2014, tra cui Boschi senior che allora ricopriva la carica di
vicepresidente. Ma il grosso dell’indagine sta nei finanziamenti
milionari concessi ad aziende decotte e diventati sofferenze, per la
difficoltà del beneficiario nel pagare le rate. Il motivo principale per
cui adesso Santoni rivuole 300 milioni di euro.