Repubblica 18.3.16
Ma il valore della bellezza va ben oltre il mercato
di Tomaso Montanari
DOPO
il silenzio assenso, dopo l’accorpamento delle soprintendenze e la loro
confluenza nelle prefetture, dopo il radicale divorzio tra musei e
territorio, una riforma dell’esportazione delle opere d’arte sta per
cancellare un altro pezzo del nostro umiliato sistema di tutela. E non
uno qualunque: è proprio sulla regolamentazione delle esportazioni che
il sistema poggia da almeno quattro secoli.
Nel 1603, il granduca
di Toscana affidava all’Accademia del Disegno la «facultà di dichiarare»
quali maestri fossero inesportabili. E, nel 1660, il poeta veneziano
Marco Boschini lodava «la prudenza /de chi governa el Stato venezian»:
perché, se in queste materie non fosse entrata «la regia man» (il potere
pubblico), «piture adio, Venezia sarìa senza».
È solo grazie a
questa lunga stagione di tutela che l’Italia è ancora — malgrado tutto —
quella che è. Ed è in forza di questa tradizione (recepita tra i
principi fondamentali della Costituzione, all’articolo 9) che l’Italia
ha ottenuto l’eccezione culturale al Trattato di Maastricht (1992)
grazie alla quale le opere d’arte del passato non sono merci qualsiasi.
La
pessima legge proposta da Andrea Marcucci va in direzione opposta. Su
richiesta della parte meno lungimirante del mercato dell’arte, allarga
di vent’anni la zona franca (così, per dire, i quadri degli ultimi
vent’anni di Giorgio Morandi partiranno all’istante), e soprattutto
introduce l’automatismo della soglia di valore, per giunta
autocertificata.
Ora, non solo il valore venale non è l’unico
metro per decidere (ci sono opere importantissime storicamente che non
costano più di 150mila euro), ma soprattutto non si deve far valutare
l’opera dal suo interessato proprietario. Tra errori in buona fede e
non, rischia di uscire davvero di tutto, e gli eventuali controlli ex
post non potranno recuperare i buoi fuggiti dalla stalla.
Con la
stessa legge, in Slovacchia un busto di marmo raffigurante papa Paolo V è
uscito perché valutato 24mila euro: salvo poi scoprirsi che era di Gian
Lorenzo Bernini (è finito al Getty di Los Angeles, pare per 30 milioni
di euro).
Possiamo e dobbiamo rendere più efficienti e autorevoli
gli Uffici Esportazione (magari assumendo giovani storici dell’arte), ma
non possiamo sostituire il loro giudizio con l’arbitrio del mercato e
l’interesse privato. Se questa legge passerà, verrà il giorno in cui gli
stessi mercanti si accorgeranno di non aver più nulla da vendere, in
Italia. Ma sarà tardi.