giovedì 10 marzo 2016

Repubblica 10.3.16
Il cosmonauta siriano, da eroe a rifugiato
Muhammed Faris volò nello spazio nel 1987, oggi vive in esilio in Turchia
Al suo ritorno fu anche nominato “Eroe dell’Unione sovietica” e ricevette la medaglia “Lenin”
di Pietro Del Re

Quando la vide dallo spazio, la sua amata Siria, Muhammed Faris non poteva immaginare che un giorno sarebbe stato costretto ad abbandonarla da migrante. È il triste destino del primo astronauta siriano della storia, spedito in orbita nel 1987 su una navicella sovietica, che nel 2012 ha deciso di scappare dal suo paese dilaniato dalla guerra civile. «Capii che rischiavo di beccarmi anch’io una pallottola e perciò scelsi l’esilio per me e per la mia famiglia», dice Faris, che da allora vive come rifugiato, assieme ad altre sei persone, in un minuscolo appartamento nella periferia di Istanbul.
Dalle stelle alle stalle, verrebbe da scrivere. Già, perché prima che scoppiasse il conflitto, il cosmonauta Faris era per i siriani un idolo nazionale. Abitava in una villa elegante, aveva un ricco conto in banca e il governo di Damasco gli aveva anche concesso una scorta armata. Durante il suo viaggio nello spazio, in uno dei collegamenti con la base, rese omaggio all’allora presidente Hafez el Hassad, il quale per ringraziarlo lo insignì, al suo rientro sulla Terra, con la massima onorificenza del Paese: la medaglia dell’Eroe della Siria. Faris insegnò poi dieci anni all’università, prima di venir nominato generale dell’esercito.
Ma quando scoppiò la guerra in Siria, lui che era stato fino ad allora vicino al regime di Damasco, ne scoprì la vera natura con la brutale repressione delle prime rivolte e con i bombardamenti aerei sui civili di Homs e Aleppo. «Cominciai a odiare i metodi di Bashir el Assad ed entrai in contatto con uomini dell’opposizione. A quel punto non mi restava che una strada, la fuga». Vendette tutto ciò che aveva per preparare il suo viaggio e s’incamminò verso la Turchia, dove entrò a piedi dal valico di Kilis. Adesso dice di non rimpiangerlo, il suo Paese, anche perché se dovesse tornarci non saprebbe dover andare. «L’ultima volta che lo vidi, era già tutta in rovine. Non oso pensare a che cosa sia diventato adesso».
Faris soggiornò nello spazio per sette giorni a bordo di una Soyuz. Al suo ritorno fu anche nominato “Eroe dell’Unione sovietica” e ricevette la medaglia “Lenin”. E Mosca, sebbene non sia più comunista, non l’ha dimenticato e quando lui è diventato profugo gli ha offerto ospitalità a lui e alla sua famiglia. Ma l’ex astronauta ha rifiutato. «Perché? Perché i russi aiutano il regime di Damasco e perché anche loro bombardano la mia terra».