La Stampa 4.3.16
Per il Paese è l’ora della maturità
di Stefano Stefanini
La
tragica fine di Fausto Piano e Salvatore Failla è un violento
campanello d’allarme. L’Italia farà tutto il possibile per salvare gli
altri due ostaggi nelle mani di Isis. Le operazioni speciali in Libia
autorizzate dal governo servono anche a questo.
L’Italia è
chiamata a una doppia prova di responsabilità e di maturità. Di
responsabilità perché la Libia è la crisi che non può non affrontare. Di
maturità perché deve incassare questo brutto colpo, sapendo che non
sarà l’ultimo. Siamo in guerra, anche se non vogliamo chiamarla tale.
Con lo Stato islamico - non con la Libia, non col suo popolo.
La
Libia di oggi è uno Stato inesistente. Il sedicente califfato ne ha
approfittato per insediarvi i suoi avamposti con una duplice valenza: di
controllo del territorio e di minaccia terroristica. Il primo è pura
barbarie; la seconda una mina vagante internazionale. Dove arriva, Isis
si sostituisce all’autorità statale senza rinunciare agli attentati. Il
raggio d’azione è dettato esclusivamente dai mezzi di cui dispone e
dalle opportunità che si presentano. Può colpire a Tripoli, in Tunisia o
in Europa.
Da due anni la comunità internazionale è alle prese
con lo Stato islamico in Iraq e in Siria. In Siria, il cessate il fuoco e
il negoziato sono appesi a un tenue filo, ma se terranno taglieranno
l’erba sotto i piedi dello Stato islamico.
Le incognite abbondano
ma la pista è stata individuata. E’ stata individuata anche in Libia: lo
sfuggente governo di unità nazionale, compromesso fra Tobruk e Tripoli,
che Onu e diplomazie internazionali, italiana in testa, inseguono da
mesi. Se e quando ci si arriverà avrà una strada molto in salita.
Intanto
il cancro di Isis si è diffuso, a due passi dall’Italia. Se le nostre
coste sono alla portata di carrette del mare col loro inerme carico
umano, figuriamoci quanto sarebbero vulnerabili ad un’operazione
terroristica ben organizzata. Dai pezzi di litorale dov’è insediata Isis
può controllare il traffico di masse di clandestini; sta mettendo le
mani sui rubinetti di gas e petrolio. Questa è la realtà con cui fare i
conti. Per l’Italia disinteressarsi della Libia significa cacciare la
testa sotto la sabbia e abdicare al resto del mondo.
La minaccia
di Isis va tenuta distinta dal problema politico della Libia. Il secondo
richiede necessariamente il compromesso negoziale fra le parti libiche
sostenuto dalla legittimità internazionale delle Nazioni Unite - e,
possibilmente, da un’intesa regionale e araba sul futuro. La Libia
rimarrà troppo fragile se i vicini non la puntellano. La convinzione di
Matteo Renzi che sarà un intervento esterno a rimettere insieme i cocci
di uno Stato fallito è ineccepibile.
Diverso il caso per la
minaccia e per azioni di controterrorismo che l’Italia intraprenda per
proteggere la propria sicurezza e i propri interessi. Non c’è nulla di
male a difendere legittimi interessi nazionali. Un Paese maturo,
responsabile, non rinuncia a definirli chiaramente, specie quando
toccano nervi scoperti come l’immigrazione clandestina e i flussi
energetici. L’una è traffico di esseri umani che arricchisce terroristi e
reti di criminalità comune. I secondi assicurano la linfa vitale a
quello che resta della Libia (Banca Centrale); meglio evitare che
proventi vengano dirottati nelle ingorde casse dello Stato islamico.
Il
controterrorismo non si fa con la diplomazia e con i negoziati. Si fa
tagliando le fonti di finanziamento. Si fa combattendo il proselitismo.
Si fa prosciugando la palude delle connivenze e simpatie, private e
pubbliche, intorno a Isis e ad Al Qaeda. E si fa con le operazioni
speciali, con i droni e, nel caso libico, con un’agguerrita sorveglianza
marittima e costiera.
Contro Isis lo strumento militare è
indispensabile. Autorizzando le unità speciali italiane ad operare in
Libia, nelle stesse condizioni degli alleati europei e americani, il
Presidente del Consiglio non ha fatto altro che riconoscervi il diritto
alla legittima difesa riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e
dalla Costituzione (in aggiunta a due risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza su Isis). Non c’è bisogno d’altro.