La Stampa 29.3.16
Berlino introduce nel codice l’omicidio “per disperazione”
Solo 5 anni di carcere se si uccide perchè “senza via d’uscita”
di Alessandro Alviani
In futuro in Germania chi commette un omicidio non verrà condannato necessariamente all’ergastolo.
La
novità è contenuta in una proposta di legge del ministro federale della
Giustizia, il socialdemocratico Heiko Maas, che sta lavorando da quasi
due anni a una riforma delle norme sull’omicidio e in particolare di
quel paragrafo 211 del codice penale che è rimasto praticamente
invariato da quando fu introdotto, 75 anni fa. A scriverlo, nel 1941, fu
in gran parte uno dei giuristi nazisti più famigerati, quel Roland
Freisler che Hitler mise a capo del Volksgerichtshof, il tribunale
speciale che venne creato per punire i casi di alto tradimento e
tradimento della patria e pronunciò oltre 5.200 condanne a morte.
Il paragrafo 211
Già
nella sua formulazione il paragrafo 211 si distingue dagli altri
dell’attuale codice penale: mentre in tutti gli altri casi viene
descritto un reato (il 249, ad esempio, non recita «rapinatore è colui
che», ma «chi sottrae con la forza o la minaccia qualcosa... »), in
questo viene definita una tipologia di colpevole, l’«omicida». Una
chiara eredità delle idee di Freisler. «Omicida è chi uccide un’altra
persona per... », esordisce il secondo comma, che elenca una serie di
caratteristiche, come la «perfidia», la «crudeltà» e i «motivi abietti»,
che distinguono il «Mörder» (211) dal «Totschläger» (212), che, pur
avendo ucciso in modo volontario, non viene condannato all’ergastolo
come il primo, ma di solito soltanto fino a 15 anni di carcere.
Definizioni
da tempo contestate - non solo per la pesante eredità nazista, ma anche
per la difficile applicazione nella realtà processuale di termini vaghi
come «perfidia» e «motivi abietti» - e che ora il ministro Maas vuole
superare.
I «motivi abietti»
La bozza della riforma,
elaborata insieme a una commissione di esperti e citata dallo «Spiegel»,
prevede di precisare la categoria dei «motivi abietti», allargandola
tra l’altro anche alle aggressioni razziste e xenofobe, e di sostituire
quella della «perfidia» con una nuova definizione (chi «approfitta
dell’impossibilità della vittima di difendersi»).
La novità
destinata a far discutere di più è però la possibilità di abbassare la
condanna per omicidio fino a cinque anni di carcere, nel caso in cui un
assassino agisca «per disperazione» per liberare se stesso o persone a
lui vicine «da una situazione conflittuale che appare senza vie di
uscita», oppure quando è stato «provocato fino all’ira da una grave
offesa» o da un maltrattamento o ha agito spinto da un simile moto
d’animo. Oggi, esemplifica lo «Spiegel», chi si prende cura per anni
della propria moglie malata e a un certo punto, per disperazione, la
soffoca nel sonno, viene condannato per aver agito con «perfidia». In
futuro potrebbe evitare l’ergastolo.
La bozza ha già provocato
critiche. Per il ministro della Giustizia bavarese, Winfried Bausback,
la riforma contraddice il principio costituzionale della «preminente
importanza della vita» ed è «un segnale completamente sbagliato» alla
luce degli ultimi attentati terroristici.
In realtà già oggi, in
Germania, nella maggior parte dei casi una vera e propria condanna «a
vita» non esiste: chi ha ricevuto l’ergastolo sconta in media circa
vent’anni di carcere.