La Stampa 18.3.16
Mezzo milione di nuovi italiani
Così diventiamo multiculturali
Provengono da 192 Paesi, ma per gli stranieri spesso è un’odissea tra burocrazia e costi
Lunedì
Abudallahi Ahmed diventerà cittadino italiano. Destino curioso per chi,
come lui, da due anni è già cittadino onorario della città in cui vive,
Settimo Torinese. Ahmed è somalo. Ha 27 anni. Ed è fortunato. Ci ha
messo solo 8 anni per ottenere la cittadinanza italiana. Altri
affrontano ben altre traversie.
Eppure, nonostante questo, sono
sempre di più gli stranieri che chiedono di diventare italiani. Tra il
2000 e il 2014 le concessioni sono decuplicate e sono diventati italiani
488.479 stranieri. Molti sono nati qui, altri ci vivono da decenni.
Hanno attività economiche, magari una famiglia, pagano le tasse, eppure
non hanno lo stesso status di chi, italiano, lo è per sangue. Se
chiedono di diventarlo non è per accedere ai servizi, quelli li
garantisce già il welfare italiano. Ma per essere cittadini completi.
Gli stranieri in Italia non votano e non possono essere votati, non
possono partecipare a concorsi pubblici (tanti saluti alla meritocrazia)
e se per una qualunque ragione perdono il permesso di soggiorno, per
esempio perché chiude la fabbrica in cui hanno lavorato per vent’anni,
non riceveranno quanto hanno maturato per la pensione.
Diventare
italiani non è facile. Bisogna essere residenti da almeno 10 anni,
dimostrare di potersi mantenere e non avere mai avuto guai con la
giustizia. I rifugiati possono fare domanda dopo 5 anni. Chi è sposato
con un coniuge italiano dopo due e chi ha anche un figlio dopo uno. La
domanda costa in media 350 euro. Il ministero dovrebbe rispondere per
legge entro 730 giorni, ma non lo fa mai. Si aspetta in media tre anni e
la maggior parte è costretta ad assumere un avvocato per predisporre un
sollecito e poi una diffida. Altri soldi. Alla fine del percorso, non è
detto che tutto vada liscio. Tra il 2009 e il 2014 ci sono state 8550
domande respinte. E a volte non è detto che si capisca il perché. Com’è
capitato a Younis Tawfik, scrittore di origine irachena che vive a
Torino da decenni. Mentre il professor Tawfik mieteva premi letterari a
destra e a manca, il ministero respingeva per la terza volta la sua
domanda di cittadinanza. «Sono arrivato in Italia nel 1979 e sono
riuscito a diventare italiano solo nel 2002, dopo 23 anni». Pare che uno
dei due rami dei Servizi bloccasse la pratica. Il perché, ovviamente,
lo straniero non lo saprà mai.
Ma se in questi anni sono diventati
italiani stranieri provenienti da 192 Paesi diversi (nella lista c’è
addirittura chi all’inizio era monegasco), alcuni hanno deciso di
rinunciare viste le pastoie burocratiche. «Aspettiamo lo ius soli - dice
il futuro italiano Ahmed -. Varrà solo per i minorenni, ma almeno è un
passo avanti». La legge per ora sonnecchia in Senato, pare per i paletti
dell’Ncd e per la campagna elettorale che non vuole toccare temi
impopolari. Giusto l’altro ieri i deputati di Possibile chiedevano a un
Matteo Renzi silente perché i 500 euro di bonus per i 18enni, lanciati
come iniziativa di integrazione e contro la radicalizzazione
terroristica, fossero preclusi ai 18enni stranieri e non votanti. Non
c’è stata risposta.