venerdì 11 marzo 2016

La Stampa 11.3.16
“Perché non avete gridato di fronte ai carri armati?”
di Norberto Bobbio

Cara Signora Pajetta,
La ringrazio del libro di suo figlio che ho cominciato a leggere con vivissimo interesse, e di questa una sua testimonianza di amicizia che mi è particolarmente gradita. Mi è grata, lei lo sa, perché ho sempre stimato e stimo tuttora coloro che hanno combattuto, sofferto, affrontato valorosamente la «durezza» di quegli anni.
E li stimo tuttora proprio perché sono convinto che non hanno combattuto e sofferto solo perché Stalin potesse consumare impunito i suoi delitti, e gli abbietti governanti di oggi dell’Unione Sovietica potessero schiacciare nel sangue la rivolta ungherese in nome del socialismo e della pace.
Ma proprio perché io e gli amici che la pensano come me siamo convinti che voi avete combattuto e sofferto per una società migliore e non certo perché potesse trionfare nel mondo un regime in cui la lotta per il potere è condotta unicamente con la violenza e con la frode, in cui capo diventa colui che riesce a impadronirsi delle forze di polizia e appena giunto al potere chiama banditi e traditori i suoi compagni di ieri, attendevamo, noi che siamo stati vostri compagni minori in quegli anni e avevamo fiducia in voi, un grido di rivolta.
Perché non avete gridato? E che cosa aspettate a denunciare l’orrenda mistificazione dei vostri ideali perpetrata dai sanguinari despoti di ieri e di oggi? Non che udire il vostro grido di rivolta, non abbiamo visto le vostre menti sfiorate neppur da un’ombra di dubbio. E come? Potete davvero pensare che il socialismo, che significa emancipazione, possa essere imposto coi carri armati? Potete davvero credere che una nazione abbia il diritto di dominarne un’altra, riconoscere che gli enormi errori commessi nei dodici anni di dominio hanno suscitato la rivolta e poi, invece di correggere gli errori, soffocare la rivolta nel sangue? E questo è il modo di reggere i destini dei popoli soggetti degni di una nazione civile, di uno Stato socialista? E questa è la lotta per la pace dell’Unione Sovietica? Non sentite il suono sinistro che hanno parole belle e nobili come socialismo e pace in bocca a quelli avventurieri?
Avete tante volte rimproverato ai liberali, e a ragione, che non si può essere buoni liberali se non si accetta la libertà come un ideale morale, e la si adopera come un mezzo buono o cattivo a seconda delle circostanze. Permettete ora di rispondervi che non si può essere buoni socialisti se non si accetta il socialismo come ideale morale e si è disposti ad accettare in suo nome tutte le turpitudini che vengono commesse dai vecchi e nuovi capi dell’Unione Sovietica.
Vorrà perdonarmi questo sfogo. Ma non riesco a capire, non riesco assolutamente a capire la rigida fedeltà al partito, alla chiesa, alla setta, alla fazione (la fedeltà del fanatico) sino al sacrificio dei principi per i quali si è combattuto tutta la vita. Oltretutto sono convinto che questa obbedienza senza limiti in cui si è chiuso il vostro partito non possa portare altro che lutti e rovine al movimento operaio italiano.
Accolga i miei devoti e cordiali saluti e mi creda suo dev.
Norberto Bobbio