Il Sole 10.3.16
Draghi pronto a battezzare il super-Qe
Oggi l’annuncio delle nuove misure di stimolo: ulteriori tagli ai tassi sui depositi e acquisti potenziati
di A.Me.
FRANCOFORTE
Per Mario Draghi, gli esami non finiscono mai. A dicembre, il consiglio
della Banca centrale europea ha ritoccato («ricalibrato», dice lui) il
piano di stimolo monetario varato meno di un anno prima. Ai mercati,
l’intervento non è piaciuto, con l’effetto controproducente che hanno
spinto nella direzione opposta a quella voluta. A gennaio, le condizioni
erano cambiate, per effetto soprattutto del crollo del prezzo del
petrolio, ma anche delle turbolenze di mercato e dello sgretolarsi delle
aspettative di un’inflazione in risalita verso l’obiettivo di
avvicinarsi al 2 per cento. Il presidente della Bce ha convinto il
consiglio, per una volta unanime, che a marzo sarebbe stato il caso di
«rivedere» la politica monetaria.
Quel momento è arrivato. Come
sempre, quando la Bce si avvicina a una decisione importante, in
Germania si scatena un barrage preventivo di critiche. Le casse di
risparmio, con tutte le loro connessioni con la politica, sono state le
più aspre. Ma hanno fatti sentire la propria voce anche le banche
private, Deutsche Bank in testa, e il colosso assicurativo Allianz, che
ha mobilitato non solo il suo capo economista, ma anche un consigliere
d’amministrazione, che ha sostenuto che sarebbe ora di cominciare a
pensare ad alzare i tassi (!). Da Basilea, è risuonata l’eco della Banca
regolamenti internazionali, a mettere l’accento sugli effetti
collaterali dei bassi tassi d’interesse.
Oggetto della
controversia la misura che più probabilmente la Bce adotterà oggi, cioè
un nuovo taglio dei tassi sui depositi delle banche presso l’istituto di
Francoforte. Oggi a -0,30%, potrebbe essere abbassato di almeno altri
10 punti base. Le più penalizzate sono appunto le banche tedesche, le
più ricche di liquidità, che lasciano parcheggiata alla Bce. Attraverso
il consigliere Benoit Coeuré, la Bce ha fatto trapelare che intende
«mitigare» questo effetto: altre banche centrali hanno già sperimentato
uno schema a due livelli, nel quale una parte dei depositi è esentata
dalla “tassa” o comunque è soggetta a una meno punitiva. Il che
aprirebbe la strada a ulteriori tagli del tasso sui depositi. Un’altra
strada potrebbe essere quella di finanziare le banche, attraverso le
operazioni normali, a zero, e non più a 5 punti base come ora. O ancora,
si potrebbe battere la strada di un’altra Tltro, il rifinanziamento
alle banche mirato alla concessione di prestiti all’economia reale,
visto che quelle già previste finiscono a giugno.
L’altra modifica
del programma di stimolo dovrebbe riguardare gli acquisti dei titoli,
il cosiddetto quantitative easing, o Qe. La Bce può aumentare l’importo
mensile (oggi 60 miliardi di euro), allungarne la durata (uno strumento
meno efficace), o ampliare la gamma dei titoli acquistabili (anche se
qui i margini di manovra non sono ampi). Potrebbe anche decidersi a
comprare titoli sotto il tasso dei depositi, il limite che si è
autoimposto finora, esponendosi però al rischio di perdite.
A
Draghi non dispiace sorprendere e spesso riesce a farlo positivamente:
una ripetizione del fiasco di dicembre sarebbe rovinosa. Ma stavolta i
mercati sono su posizioni meno sbilanciate e pronti a “comprare” il
verbo di Francoforte. Inoltre, le carte sono state tenute coperte in
questa occasione, tanto che la gamma di possibili interventi ventilata
dagli osservatori di mercato è amplissima.
Le nuove previsioni
dello staff che la Bce divulgherà oggi mostrano che l’inflazione, invece
di avvicinarsi all’obiettivo, si allontana. È vero che il target della
Bce non è l’inflazione del momento, ma parla di «medio periodo». C’è da
chiedersi quanto sia lungo il medio periodo, visto che il 2% è ormai una
lontana memoria nell’Eurozona. Davanti a questi numeri, la parte più
ragionevole dell’opposizione a un nuovo stimolo monetario dovrebbe
ammorbidirsi. Gli altri, ancora una volta, se ne dovranno fare una
ragione.
Il dubbio, semmai, è sull’impatto decrescente della
politica monetaria, che da troppo tempo opera nel vuoto della politica
europea.