il manifesto 3.3.16
Stampa e Repubblica, matrimoni in famiglia
Editoria.
Giro di valzer fra Caracciolo, De Benedetti e Agnelli L’Espresso
incorpora la Stampa, Fca in fuga dai giornali, presto via anche da Rcs.
Il nuovo gruppo controllerà un quinto del mercato dei quotidiani.
di Andrea Fabozzi
ROMA
Annunciata ieri, l’incorporazione della Stampa nel gruppo Espresso sarà
compiuta entro febbraio 2017, quando il giornale torinese raggiungerà i
150 anni di una storia vissuta quasi tutta nelle mani degli Agnelli —
adesso in fuga dall’editoria italiana — e diventata grande nel
dopoguerra grazie a un direttore che si chiamava Giulio De Benedetti.
Arrivò a vendere 600mila copie al giorno. Oggi La Stampa sta sulle
170mila.
Carlo de Benedetti (altra famiglia), che è rimasto alla
corte degli Agnelli solo per tre celebri mesi come amministratore
delegato della Fiat, ha assunto il controllo di Repubblica che non sono
ancora trent’anni, il giornale essendo stato fondato quaranta anni fa
(appena festeggiati) da Eugenio Scalfari, che ha spostato la figlia di
Giulio De Benedetti, e Carlo Caracciolo, che era il cognato di Gianni
Agnelli. All’inizio degli anni Novanta, Repubblica riuscì a superare in
vendite il Corriere della Sera con oltre 700mila copie quotidiane. Oggi
non arriva a 300mila.
C’è la grande storia dei giornali e delle
famiglie editoriali italiane, ma anche la sofferente attualità del
mercato dei quotidiani dietro questo primo esempio di aggregazione nel
settore. Che riguarda anche il più piccolo Secolo XIX, che oggi vende
sulle 45mila copie ma ad aprile festeggerà i suoi 130 anni.
Il
risiko non finisce qui, perché con l’occasione John Elkann ha spiegato
che Fca cederà anche la quota del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, di
cui è il primo azionista (ruolo che passa a Della Valle).
Alla
fine del giro, la Exor (la finanziaria degli Agnelli) si troverà con in
mano appena il 5% del nuovo gruppo egemonizzato con il 43% da Carlo de
Benedetti (e per lui dal figlio Rodolfo e dall’amministratrice delegata
Monica Mondarini). Ma è già chiaro che anche quel 5% verrà affidato alla
Cir attraverso un patto di sindacato, magari assieme all’altro 5%
rimasto nelle mani della famiglia Perrone, editori storici del Secolo.
Il patto di sindacato controllerebbe così il 51% del nuovo gruppo che
nelle parole di Elkann «sarà solido e integrato come Springer in
Germania e News corporation negli Stati uniti». Due famiglie (i Murdoch
per News corp.) concentrate sull’editoria. Gli Agnelli, con Marchionne,
d’ora in avanti faranno altro: automobili e assicurazioni.
Editoria solo all’estero, Exor è infatti il primo azionista dell’Economist.
«Sono
particolarmente felice di unire i nostri destini editoriali a una
testata come Repubblica, il giornale che il mio prozio Carlo Caracciolo
contribuì a fondare», ha scritto Elkann ai dipendenti del gruppo Ital
press, nato poco più di un anno fa dalla concentrazione tra La Stampa e
Il Secolo XIX.
Il legame storico tra i due giornali ha trovato
conferma negli anni nelle decisioni di Carlo de Benedetti. L’ingegnere,
torinese di nascita, per la scelta dei direttori di Repubblica si è
sempre rivolto alla Stampa. Dopo Scalfari, arrivò Ezio Mauro,
consigliato e accompagnato a Roma dall’avvocato Agnelli, e dopo Mauro
Mario Calabresi, tornato a Repubblica da poco più di un mese e ritenuto
pedina fondamentale dell’accordo ufficializzato ieri.
Secondo i
comunicati ufficiali, il nuovo gruppo controllerà un quinto del mercato
dei quotidiani in Italia, avrà una posizione di leadership
nell’informazione online (ma nel gruppo Espresso oltre all’omonimo
settimanale ci sono anche radio e tv) e mette insieme «un fatturato di
750 milioni di euro e la redditività più alta del settore».
Nella
famiglia di Repubblica ci sono anche diciassette quotidiani locali
diffusi in tutta Italia, a eccezione proprio del Nord ovest presidiato
dalla Stampa e dal Secolo.
Sul memorandum di accordo ufficializzato ieri dovrà esprimersi nei prossimi mesi l’Antitrust.
Intanto
i protagonisti della fusione assicurano che «le testate manterranno
piena indipendenza editoriale». Una formula che non esclude l’ipotesi di
una vendita dei quotidiani in abbinamento in Piemonte e in Liguria,
anche se non è questa la strategia seguita fin’ora da Repubblica.
Ma
accanto alle preoccupazioni per le conseguenze della concentrazione in
termini di concorrenza e pluralismo informativo, nelle prime ore si
fanno avanti le paure del sindacato dei giornalisti per l’impatto
sull’occupazione. L’enfasi dei comunicati sulla redditività non può far
dimenticare che negli ultimi due anni tanto il gruppo Espresso quanto La
Stampa hanno dovuto ricorrere allo stato di crisi per tagliare le
redazioni.